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fino al 6.VI.2009 | Yoshua Okón | Milano, Docva

di - 26 Maggio 2009
“Bergson” come marchio di risate in scatola. Il teorico della risata dà il nome alla fabbrica immaginaria creata da Yoshua Okón (Città del Messico, 1970; vive a Città del Messico e Los Angeles) per l’installazione Canned Laughter (2008). Come nei suoi progetti precedenti, l’artista messicano gioca sulla distanza e sull’interazione tra realtà e finzione, mettendo in scena il reale attraverso il fittizio, facendo emergere ciò che c’è di più autentico attraverso l’ironia. Costruisce, cioè, situazioni reali.
Già in Poli I (1999) i protagonisti erano un poliziotto e un cittadino comune, ai quali Okón aveva chiesto d’ingaggiare una discussione. Iniziata come una recita, un gioco, nel suo dispiegarsi aveva portato il poliziotto all’aggressività, alla violenza dell’insulto. La situazione creata ad hoc subiva quindi un doppio slittamento: dal reale al fittizio, per poi tornare al reale. “Si disattiva”, dice la curatrice della mostra, Gabi Scardi, “il déjà-vu dell’abitudine, facendo emergere la realtà”: il poliziotto dimentica la finzione e assume gli atteggiamenti tipici del suo ruolo.
L’installazione al Docva consiste in un’evidente quanto sottile critica al lavoro nelle fabbriche impiantate dalle multinazionali nei 20 chilometri di terra di nessuno tra il confine di Usa e Messico. In questi stabilimenti, gli operai vengono fatti lavorare in condizioni terribili: “È l’inferno sulla terra”, dice l’artista. Okón, che è riuscito a entrarvi ma non a filmarne l’interno (è rigorosamente vietato), ha coinvolto ex operai e dipendenti che vi hanno precedentemente lavorato, e con loro ha ricostruito quella realtà lavorativa utilizzando il mezzo video.

Canned Laughter
si focalizza sul meccanismo del ridere. Un atto spontaneo e in parte incontrollabile viene ridotto dall’artista a un’azione artificiale. Nel video, un gruppo di operai in divisa intona, guidato da un direttore d’orchestra, un coro di risate a comando. L’effetto è fastidioso, oltre che straniante; il coro monotono si protrae per interminabili minuti, i visi sono inespressivi, apatici. Seguono immagini di operai che si tengono per mano nel cortile della fabbrica, in un silenzio denso d’imbarazzo, alludendo agli esercizi spirituali e di concentrazione che hanno realmente luogo in queste realtà, meccanismi a cui il singolo non può sottrarsi.
Il tutto intervallato da video motivazionali, che ricalcano quelli realmente realizzati dalle aziende e mostrati agli operai nel corso della giornata di lavoro, per alludere a una sorta di paradiso in terra, identificato con la vita nella fabbrica.
L’installazione è composta – oltre che da quattro proiezioni su muro e schermi tv che trasmettono i video dell’immaginaria “Fabbrica Bergson” – dalle lattine contenenti risa di vario genere, poste al centro dello spazio espositivo; risate ascoltabili attraverso cuffie ad esse collegate.

La risata in serie, schedata e tipologizzata, sottrae il posto all’emozione. Divenendo quindi simbolo del lavoro seriale.

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dal 7 maggio al 6 giugno 2009
Yoshua Okón – Canned Laughter
a cura di Gabi Scardi
DOCVA – Documentation Center for Visual Arts
Via Procaccini, 4 (zona Cimitero Monumentale) – 20154 Milano
Orario: da martedì a venerdì ore 11-19; sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0266804473; fax +39 0221596402; viafarini@viafarini.org; www.docva.org

[exibart]

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  • Gabi,oligarca della prima ora, torna a viafarini con un progetto non male. Ciò non toglie il clima di appiattimento che appoggia e in cui sguazza assieme al suo pupillo milovanino.

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