Petrarca
che sale al Mont Ventoux. E poco altro. Non sono molti gli eventi determinanti
per la nostra coscienza culturale collettiva, di cui abbiamo coordinate
temporali precise. Nei pochissimi giorno/mese/anno dell’arte, taciuti i debiti
dettagli, possiamo infilare la nascita della Metafisica: l’aneddoto del
colitico Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978) che si
tiene la pancia sulla panchina in Santa Croce, nel 1910, è da tempo autorevolmente
nei libri di storia. Santifica l’eresia. E così oggi, 2010, da più parti si
levano – vedi la mostra a Roma a cura di Achille Bonito Oliva – eventi e
varietà per celebrare i cento anni della prima tela metafisica.
Nel
palinsesto generale si inserisce anche, nella seconda serata dei circuiti
dell’arte, La suggestione del classico: 40 opere a firma Giorgio de
Chirico accolte dalle scuderie del Castello visconteo di Pavia. Un focus
specifico sulla produzione ultima, per non dire ultimissima del maestro: tolto
l’Efebo con cavallo bianco del ’36 e una terracotta del ’40, il
corpus offerto gravita, infatti, tutto sugli anni ’60 e volentieri sui ’70. Gli
anni della caduta nel livore delle dispute legali per gli scandali delle
retrodatazioni; gli anni di una Metafisica ormai manierata, dell’insistenza su
temi e forme il più delle volte impoveriti, zoppi del virile dogmatismo degli
anni migliori. Tempi duri per lavori non altrettanto forti, una stagione di
declino certificata dall’impietoso responso di un mercato che, a fronte delle
quotazioni milionarie dei lavori anni ’20, nell’ultimo appuntamento da Finarte
fatica a spingere un Ippolito e il suo cavallo del ’59 al
confine dei cinque zeri.
Se
le opere non sono di quelle che fanno tremare i polsi, allora, cosa salvare
della mostra di Pavia? Il progetto culturale, ovvero il taglio su una specifica
chiave di lettura: quella del confronto più spiccio e spinto con il tema
dell’archeologia, quasi ad ampliare e approfondire uno dei temi lanciati dalla
mostra del 2008 allestita alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Le visite a
Villa Borghese nel ’19; la contagiosa passione per l’antico della prima moglie,
Raissa Gourevitch; le giornate passate, ai tempi del soggiorno parigino dei
secondi anni ’20, a contemplare reperti al Louvre: tutti elementi che si erano
tradotti già all’epoca nella serie de Gli Archeologi, ripresi su
tela e in forma plastica anche negli ultimi anni, documentati a Pavia. Dove il
dialogo con l’antico passa da evocativo a immediato, grazie ai prestiti del
Museo Archeologico Provinciale di Salerno che traducono, come in un render 3D,
spunti possibili o immaginari.
Certo:
il filo rosso tra de Chirico e l’antico poteva essere esplicitato anche con
pezzi di maggior caratura (un Ettore e Andromaca della prima
ora bastava e avanzava); ma non si può negare che la scelta delle opere, per
quanto non di altissimo profilo, assolva al compito dichiarato di drizzare se
non proprio un riflettore almeno una lampadina da 100 watt su questo aspetto specifico
della ricca speculazione intellettuale di de Chirico. Insomma: quanto promesso
viene mantenuto. E considerato che non ci era stata promessa la Luna…
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francesco sala
mostra visitata l’8 maggio 2010
dal 6 marzo al 2 giugno 2010
Giorgio
de Chirico – La suggestione del Classico
a cura di Sabina D’Angelosante, Victoria
Noel-Johnson e Matilde Romito
Castello visconteo – Scuderie
Viale XI febbraio, 35 – 27100 Pavia
Orario: da martedì a venerdì ore 10-13 e 15-18; martedì ore 10-13 e 15-20;
sabato, domenica e festivi ore 10-13 e 14-19
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6
Catalogo
Silvana Editoriale
Info: segreteria@scuderiepavia.com; www.scuderiepavia.com
[exibart]
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