Esposte in una collettiva, le installazioni di Nicola Di Caprio, Masbedo, Bartolomeo Migliore e Thorsten Kirchhoff sono frutto di un linguaggio multimediale -contaminato da richiami punk e rock anni ’60-’70- che visualizza i pensieri e le parole.
Per Nicola di Caprio, l’arte è un modo di vedere la musica ed il rock, in questo caso la foto di copertina del mitico album Who’s Next? degli Who, è un mezzo di identificazione che soddisfa il bisogno di riconoscersi in un messaggio o in un’idea, come già era stato nelle stampe digitali dall’eloquente titolo “U are what U listen to” e le magliette con i loghi delle band, che diventano una “seconda pelle”. Lo “storico” parallelepipedo su cui orinarono gli Who, icona che ricorda il monolite di 2001
La ricerca sociologica sottende, in forme diverse, anche la produzione degli altri artisti. Come già in occasione della mostra al Macro di Roma nell’aprile 2004, la gelida perfezione, l’intento estetizzante delle immagini dei Masbedo riflette un “utilizzo del linguaggio del cinema come maschera, o specchio deformante”, di una realtà che nasconde un “bisogno viscerale per emozioni intense e primarie”, comuni a tutti gli esseri umani. Il trittico fotografico realizzato dal duo Niccolò Massazza – Jacopo Bedogni, è estrapolato dal video 11.45.03 Il cabaret della Perfezione e rappresenta la solitudine ed il dolore intrinseco all’esperienza umana attraverso lo sguardo egocentrico dell’artista, che sembra nascondere la propria umana fragilità sotto una giacca coperta di precise, quanto artificiose, formule matematiche. Tra la Musa, portatrice sana di pesantezza e l’uomo, specchio delle paure più recondite dell’artista, si trova la palla di piombo, che entra nello spazio espositivo, simboleggiando il peso di una vita inevitabilmente incerta e precaria.
Il senso di alienazione ritorna nel video-clip 48 Crash, di Thorsten Kirchhoff: cover di immagini di repertorio, in cui le atmosfere surreali dei film di Jacques Tatì sono giustapposte alla trasgressione punk di una ipotetica Suzi Quatro. La colonna sonora,
Le tele e le scritte su legno metalcore di Bartolomeo Migliore, esprimono la ricerca di un’identità che prende forma attraverso la trasposizione visiva di un post-rock underground, fatto d’improvvisazione e suoni metallici ed elettronici. Segni geometrici, frammenti di canzoni, loghi e annotazioni estemporanee cancellate, visualizzano il linguaggio sonoro. La musica crea il messaggio visivo: parole e concetti sembrano risuonare dalle pareti.
The Season, tra suoni che si vedono e immagini che si sentono, inaugura una serie di mostre che si susseguiranno fino al giugno 2005, per “una stagione in galleria che ragiona con la tensione progettuale del museo, che attraverso un rapporto empatico con lo spazio esalta l’impatto figurativo, la combinazione linguistica, la nitidezza dei significati”, come afferma il curatore Gianluca Marziani.
francesca ricci
mostra visitata il 30 settembre 2004
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perchè?
Per favore, lasciate gli WHO in pace...
bella mostra
bello spazio
gli who:
o in galleria
o in galera per pedofilia!
In riferimento a Pete Townshed, ricordo che si parla di uno dei piu' rispettati musicisti rock viventi, uomo di grande spessore culturale e di vasta generosità. Vedi http://www.petetownshed.com o http://www.eelpie.com.
In riferimento allo "sbatti il mostro in prima pagina", va ricordato che Pete Townshed é stato completamente scagionato dalle accuse di pedofilia. Anche qui basta fare un giretto in internet e ci si rende conto che è stato lui vittima e cercava attraverso ricerche di saperne di più per combattere il mostruoso fenomeno. Il resto dei Who -due sono morti e Daltrey sembra un trentenne in grande forma- ovviamente non hanno nulla a che spartire con questa vicenda.