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popolo sottomesso; c’è lingua e lingua per raccontarne l’altalena di umori:
avanti e indietro tra coraggio e disperazione, gloria e dramma. Per continuità
e contiguità temporale – ma anche geografica, se vogliamo – può capitare con
una certa frequenza di rizzare le antenne verso est, spingendo occhi e
orecchie oltre cortina, per vedere cosa è successo e cosa rimane al di là dei
frammenti del Muro per antonomasia.
Troviamo una certa abitudine nel misurarci con gli scatti della
Praga occupata di un Koudelka o di un Bielik; proviamo oggi il gusto di una doppia scoperta –
storiografica e artistica – nell’incontro con la Lituania ingabbiata di Indre
Serpytyte (Lituania,
1983; vive a Londra).
Unico Paese baltico a non subire la presenza di una
guarnigione SS durante la Seconda guerra mondiale, la Lituania vide
formalizzare, da parte della Germania nazista, la nascita di un gruppo di
guerriglieri chiamati ad azioni di disturbo contro i partigiani filo-sovietici
(prima) e l’Armata Rossa (poi). Erano chiamati misko broliai, “Fratelli della Foresta”: benché
armati dai nazisti, combattevano in realtà una guerra trasversale, contro tutto
e tutti, con l’intenzione di raggiungere l’indipendenza del Paese.
Un conflitto che si è trascinato, subdolo e silenzioso,
almeno fino alla metà degli anni ’50: una guerra partigiana che con il tempo ha
cambiato sponsor (alla Germania si sostituirono gli americani) ma non ideali.
L’epopea di questi uomini, una repressione costata non meno di 50mila morti, la
pervicace e pervasiva cappa di annullamento gettata sul Paese dal regime
sovietico sono il concept che muove le fotografie di Indre Serpytyte. Cui si
aggiunge – anzi: su cui aleggia imperioso – il dramma umano della perdita del
padre, Albinas Serpytis, capo dei servizi segreti lituani, scomparso nel 1991 in
un incidente d’auto le cui dinamiche restano ancora oggi fortemente indiziate
di complotto.
Idee chiare, chiarissime quelle della Serpytyte. Una
eccezionale e – quel che più sorprende – matura capacità analitica e narrativa;
l’intrecciarsi bilanciato e armonico di due diverse linee d’indagine, con la
raffinata elaborazione del lutto più profondo che si fa esemplificazione di una
sofferenza collettiva, diventa al contempo storia nella Storia e storia della Storia.
I fragili equilibri della serie A state of silence
(1944-1991) esasperano
gli strumenti del controllo di regime sulle masse: su tutti un telefono, imbavagliato
nel suo stesso filo. Il soffocamento della vita privata irrompe nella serie dei
Notebook:
ritratti fedeli di pagine di quaderno dense di note da spia, a cornice di
immagini rubate di case.
Rifugi di rivoltosi? Tane per gli interrogatori della
polizia politica? È proprio la violazione della sacralità domestica a significare
nel modo più drammatico le sevizie ideologiche patite dalla Lituania: ancora
case nelle foto di Former NKVD – MVD – MGB – KGB Buildings; dove gli acronimi rendono conto dell’evoluzione
dei servizi segreti sovietici, dove modellini lignei di case sono sorpresi
bianchi, indifesi, nudi. Nel vuoto.
Orsi caduti: collettiva di scatti dal post-comunismo
Giovani fotografi lituani crescono: a tu per tu con
Didziapetris
francesco sala
mostra visitata il 19 settembre 2010
dal 17 settembre al 6 novembre 2010
Indre Serpytyte – Still Silence
a cura di Carlo Madesani
Camera16 Contemporary
Art
Via Pisacane, 16 – 20129 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0236601423; info@camera16.it; www.camera16.it
[exibart]