Si tratta, come è evidente, di una esposizione a tema, che da un lato propone un saggio significativo, per quanto di dimensioni ridotte, della vitalità artistica della giovane generazione berlinese, e dall’altro ha come obiettivo la manifestazione di una tesi specifica. La notizia, che ci forniscono i curatori, è che la pittura, intesa nel suo significato più proprio di mezzo tecnico ed espressivo, è tornata ad essere un medium interessante, in grado di raccogliere e sintetizzare stimoli esterni, in grado di leggere con piena dignità la realtà contemporanea. Un mezzo tra gli altri, sia ben chiaro, come dimostrano le biografie artistiche dei soggetti esposti, ma, nel caso specifico, il mezzo privilegiato, attraverso il quale immagini riprese, fotografate, scansite, rielaborate da supporti informatici, scelgono la tela per essere composte ed espresse, rispettandone in qualche modo le leggi e le possibilità .
L’esposizione, non a caso, prende il nome dalla Allegoria della pittura (Die Malkunst) di Jan Vermeer, un’opera del 1665/66 centrata sulla tensione tra riproduzione del reale e creazione dell’immagine, sulle qualità specifiche in definitiva della tecnica pittorica.
La notizia è in effetti degna di interesse, non perché del tutto inedita, ma perché in qualche modo sancisce il definitivo stemperarsi della tensione concettuale nell’arte contemporanea, verso una ricerca leggera ed episodica, e forse nella direzione di una maggiore attenzione alle qualità tecniche del mezzo adottato.
La conferma è data dal ritorno all’uso della pittura en-plein-air, mutuata questa volta dai tempi contratti e dalle volontà compresse dei graffitisti, ma anche segnata dall’intenzione di tornare a preoccuparsi della rappresentazione del reale, seppure irrimediabilmente contaminato dall’invasione dei media.
Ci preme segnalare, tra le altre, in particolare modo le opere di tre artisti, che per qualità e varietà dei percorsi che descrivono sono in grado di raccontare in maniera esauriente l’esposizione di cui ci stiamo occupando.
Innanzitutto le sperimentazioni materiche e tematiche di Carsten Nicolai, i vari Prototype. Telefunken dipinti ad olio su poliestere e cornice di alluminio, che riproducono le strisce orizzontali di un tubo catodico muto e distorto. Un materiale formale, dagli evidenti nessi concettuali, ripreso e ordinato in forma diagrammatica, ma con l’attenzione e la grazia compositiva del migliore astrattismo.
E poi Michel Majerus, che lavora sulle possibilità relazionali tra la pittura e lo spazio contenitore. Nei suoi dipinti di grandi dimensioni, si utilizzano una infinità di materiali e tecniche, ma soprattutto di citazioni formali (i cartoni animati, la tipografia, i giochi stilistici sull’espressionismo astratto, …). Stimoli che vengono colti in un istante e immediatamente rielaborati, decomposti, per essere accompagnati poi da pennellate libere a completarne forme e nuovi significati.
Infine Anton Henning fornisce alcuni esempi tra i più interessanti ed emblematici dell’intera esposizione. Le opere selezionate sono centrate su una sorta di iperrealismo tematico trasfigurato, nelle forme, da una ricerca linguistica accurata e sottile. In Bagnanti in controluce n°2 (Stabilimento balneare Wannsee), un’istantanea, presa dal vivo, viene riportata sulla tela attraverso una riflessione sul linguaggio leggera nei contenuti, ma significativa nella sostanza, “con uno studio di luce nello stile dell’impressionismo” (A. Henning, dal catalogo).
Immagini ironiche e malinconiche, dal contenuto enigmatico ma incredibilmente evocativo.
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