Negli spazi indefinibili della
Fondazione Pomodoro, le diciannove opere di
Cristina
Iglesias (San Sebastian, 1956; vive a
Madrid) si adagiano con estrema eleganza. Per la maggior parte di grandi
dimensioni, i macro-componenti esposti provengono dalla collezione personale
dell’artista e dal Reina Sofía di Madrid, dalla
Fundación la Caixa di Barcellona e dalla Galleria Marian
Goodman.
Lo scopo di questo percorso,
curato da Gloria Moure, è quello di transitare lungo la produzione recente di
Iglesias, a partire dall’inizio degli anni ‘90, anni che vedono la nascita e la
progettazione di soffitti pendenti e abitazioni
. Da notare, per gli appassionati
della produzione di quest’autrice silenziosa, che a Milano sono esposte anche
opere prodotte
site related, per riverberare e sottolineare le aperture spaziali
della Fondazione (vedi la
Fontana).
Come sostiene Angela Vettese, nel
presentare la personale, dal titolo
Il senso dello spazio: “
C’è pensiero e c’è storia
dell’arte e c’è antropologia, nel suo modus operandi
. La sua Arcadia contiene tutte le
riflessioni di Guercino, Poussin e il classicismo su questo luogo complesso
della mente; il suo modo di concepire i materiali è aperto a tutto,
dall’eredità del combine
painting
quella dell’object trouvé
, dall’uso classico della fusione alla libertà offerta
dalla resina, dall’acciaio, dal cemento. Le sue opere non includono mai la
rappresentazione dell’uomo ma sono sempre centrate sull’umano, una presenza
evocata a ogni passo”.La mostra, dato il carico di
materia e la collocazione
organica nello spazio, si presenta fin da subito nella sua
interezza, mettendo in risalto l’architettura degli elementi come strategia per
esplorare forme e colori, trasparenze e metalli, riflessi ed energie, luci e residui
alchemici. L’esposizione permette allo spettatore di compiere meditate
circonlocuzioni nella casa della scultura e negli spazi creati da Cristina
Iglesias, facendo emergere, al tempo stesso, un viaggio storico nell’evoluzione
delle diverse formule plastiche, tra gli anni ‘80 e ‘90.
Cristina Iglesias, infatti, nella
sua opera intreccia indissolubilmente la forma, e la presenza dell’oggetto
nello spazio, con i materiali provenienti dall’
etimo della scultura, dalle radici che
affondano nel Barocco, nell’Arte Povera, nella Land Art e, per certi versi,
anche nel Minimalismo.
Tra giardini e architetture,
tradizioni e illusioni, lo spettatore si trova a varcare parecchie soglie,
indici invisibili di giardini di passaggio, camminamenti non-conclusi e spessi
frutti della tecnica. La realtà, spesso cupamente rappresentata da quest’artista
basca, ne
Il senso dello spazio diventa un percorso strutturato e incanalato, mettendo in
mostra pergole e budelli fra muri di piante, supporti utili a diffondere il
rumore dell’acqua.
Ogni sciabordio è portato da una
fontana naturale. Una fontana che, presa dalla vegetazione, sale di quota in
quota, nell’alto del volume della Fondazione, spingendo sempre l’occhio verso
un
altrove di
purezza.
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l' inserimento della natura in un contesto architettonico lineare come quello della fondazione pomodoro è un interessantissimo contrasto. Per non parlare dei passaggi sotto i labirinti intrecciati e i giochi di luce sul corpo di chi intraprende il percorso attraverso l'opera. Bello.