La
15esima edizione del Premio Pezza, concorso fotografico nato in memoria di
Riccardo
Pezza, giovane
allievo della CFP Bauer scomparso prematuramente, si è sviluppata con un obiettivo,
quello di offrire un nuovo spazio alla
rappresentazione e alla
narrazione di luoghi della contemporaneità,
prendendo coscienza di un’impellente necessità comunicativa, condivisa dalla
comunità artistica a livello europeo.
Gli
otto lavori selezionati dimostrano un carattere eterogeneo per ciò che riguarda
l’origine dei singoli progetti e l’esito visuale, ma s’iscrivono, a diverso
raggio, in una comune ricerca di introspezione psicologica. Fra le
caratteristiche prevalenti emerge il vuoto, condizione che viene messa a nudo
dalla fotografia attraverso gli stati di assenza e abbandono.
Gli
effetti della piena del Po, i protagonisti dei paesaggi desolati di
Arianna
Arcara; gli
arredi e i documenti dimenticati dello stabilimento Ceskoslovenká Zboojovka di
Brno, in
Left Stage di
Annette Jonak, l’oggetto di una riabilitazione scenografica di una
realtà dismessa; le stanze asettiche, in
Psychoanalysis Rooms di
Sophie Von Herzogenberg, gli spazi che suggeriscono “il
luogo” come palcoscenico silenzioso di un vissuto comune.
La
presenza fisica dell’uomo, così come delle forze della natura, sembrano
scomparse per manifestarsi solamente come traccia di un passaggio. Un tema,
questo, che può essere letto come la confessione di una
weltanschauung esistenzialista, senza tempo,
ispiratrice di una riflessione sul significato della vita, inteso come portato
di frammenti individuali. In questa direzione si esprime anche la visione
Air
de famille di
Olivier
Fermariello: due
grandi stampe a colori che vedono protagonisti i nonni, al contempo vestiti e
nudi, identificati e spogli, contestualizzati e lontani.
E,
infine, città e territori con un nome: le capitali Roma e Berlino, ricostruite
nelle interpretazioni personali di
Bernd Kleinheisterkamp e
Giusi Fanella. Nel primo caso, attraverso
lacerti di un’esperienza individuale che diventano le pagine di un libro
d’artista; nel secondo, invece, mostrando le antitesi tra un passato trascorso
e un presente che ancora ne porta le ferite.
E
la Bolivia, nelle fotografie del viaggio interiore di
Patricia Neligan, terra natia della madre; l’isola
di Rousay, a largo della Scozia, di
Noemi Goudal (forse il lavoro più innovativo
dal punto di vista dell’arte contemporanea), dove lo sfalsamento dello spazio
in set sovrapposti genera visioni parallele che esasperano l’illusione della
fotografia, invitando l’osservatore a entrare in uno spazio dal carattere
ambiguo e misterioso.
A
prescindere dalle scelte della giuria (primo premio, Bernd Kleinheisterkamp,
secondo, Noemie Goudal, menzione d’onore, Annette Jonak), che senza dubbio ha
potuto giudicare ogni artista sulla base dell’osservazione dei portfolio
completi, è importante attestare la comune risposta progettuale
all’interrogativo proposto, che in termini più o meno convincenti hanno saputo
utilizzare la fotografia in modo contemporaneo, ovvero come strumento al
servizio della dimensione concettuale dell’arte.