Cercando la mostra di
Floriano Bodini (Gemonio, 1933 – Milano, 2005) all’Accademia di Belle Arti di Brera può capitare di entrare per sbaglio in uno qualsiasi dei laboratori di pittura o scultura dove professori e studenti dialogano sulle tecniche dell’arte. Dopo essersi accorti di aver sbagliato indirizzo, quando finalmente si trova la Biblioteca dell’Accademia, luogo dell’esposizione, la sensazione che si prova è la stessa di chi ha fortuitamente interrotto una lezione universitaria. Le opere su carta dello scultore lombardo circondano scaffali e tavoli imbanditi di volumi, disegni e progetti. L’atmosfera è di un work in progress, ed è proprio questo l’omaggio dei curatori della mostra a uno dei protagonisti della vita artistica e accademica braidense del secolo scorso.
La ricerca di Floriano Bodini si muove lungo le direttrici della Storia. È un’arte impegnata eppure distaccata, radicata nell’attuale eppure protetta da un atteggiamento intimistico. Dagli schizzi anatomici degli anni ‘60, con cui si apre la mostra, alle opere sofisticate di tema religioso e linguaggio simbolista degli anni ‘80 e ‘90, l’artista ribadisce la sua ingerenza nel presente, toccando la sensibilità comune riguardo alle grandi tragedie del tempo come la fame in Africa e il terrorismo degli “anni di piombo”. Colpisce la ricorrenza simbolica di occhi e mani, gli strumenti del corpo che permettono di avere percezione e ragione della realtà: come anche nella statua di Papa Paolo VI (Musei Vaticani), gli arti superio ri sono radici sinuose e cariche di potenza; in
Piazza Fontana si allungano striscianti ai margini del disegno verso una bomba, ma sono il centro dell’opera, la mano che governa (senza testa) il mondo.
Accanto alle opere di denuncia è lasciato spazio al sogno e alla metafisica: un cavallo nello spazio reale e razionale di una piazza richiama
de Chirico.
Seguendo il percorso della mostra, o la lezione, si raggiunge la compiutezza stilistica di Bodini, la scultura bidimensionale. Linee rette che scompongono il quadro in frammenti cubisti (più
Braque che
Picasso) si alternano ai contorni ondulati e cupi tipici di
William Blake. Le figure sembrano scavate nel foglio, con i fili dello scalpello nascosti nelle pieghe dell’immagine. Un’ansia di saturazione, la paura del vuoto permeano la sensibilità dell’artistaq, che con eleganza gotica dispone le forme come se stesse riempiendo il portale di una chiesa. Una mano ferma e decisa è l’evoluzione naturale del tocco curioso e sperimentale degli anni ‘60; e forse la forma mentis riflessiva delle opere dell’impegno lascia spazio alla verità del bello, puramente estetica. L’ultimo Bodini della mostra ha scoperto il perfetto raccordo fra grafica e scultura, e se ne compiace.
L’ambizioso intento di mostrare il volto (
in fieri) di Floriano Bodini disegnatore è quindi raggiunto. Resta solo un irriducibile senso di incompletezza uscendo dalla Biblioteca, quasi il desiderio di verificare il riscontro plastico di quello che si è visto sulla carta. L’altro e principale versante dell’attività dell’artista è nelle piazze e nei musei d’Italia e d’Europa. Uno stimolo in più per visitarlo.