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04
marzo 2009
fino al 7.III.2009 Ubermorgen.com Brescia, Fabio Paris
milano
Al duo non interessa denunciare alcun fatto. Gli oltraggi ai diritti dell’uomo, in questo caso, non spettano al tribunale dell’arte. Foto, video e pagine html sono puri montaggi. Rappresentazioni limpide di una realtà simbolizzata, sempre sul baratro del divenire...
di Ginevra Bria
Il Governo veglia su di noi. Custodendoci accuratamente. Il Governo è dalla nostra parte. Sempre. Ci protegge e, dunque, provvede a tutto. Lo Stato fornisce persino un ottimo servizio di prelevamento dei criminali, un trattamento etichettato come “consegna straordinaria”, che prevede in aggiunta l’efficace modalità informativa denominata “interrogazione avanzata”. Operazioni di rapimento e tortura necessarie per individuare qualsiasi colpevole. Perché le Forze dell’Ordine sono costantemente all’erta, soprattutto quando da fuori arriva la minaccia. Quando c’è bisogno, un’altra volta, di un nuovo nemico pubblico. Avversario che dev’essere spento ed estirpato come il pericolo. Con qualsiasi mezzo.
Per la seconda volta a Brescia, alla galleria di Fabio Paris, gli Ubermorgen.com (Lizvlx, Linz, 1973 e Hans Bernhard, New Haven, 1971; vivono a Vienna e St. Moritz) sottopongono la vita della violenza allo spettacolo asettico dell’arte. Una decina di fotografie di medio formato scontornate su fondo bianco, un video, un’installazione web e una performance raccontano una guerra mentale rivisitata dal duo. Quella lotta astratta che, in qualità di corporazione culturale, la coppia utilizza come se avesse tra le mani un nuovo supporto, una tagliente tabula rasa sulla quale registrare e incidere la forza che li contraddistingue. Le composizioni e i temi che mette in scena sono, infatti, le viae crucis subite da detenuti e piccoli delinquenti messi in carcere perché sospettati di reati gravi ai danni dello Stato.
Per gli Ubermorgen.com è necessario illustrare, attraverso un iter formale patinato, la metodologia-linguistica migliore che descrive estorsioni e confessioni fatte ai detenuti, non-uomini da sconfiggere psicologicamente. Per queste operazioni ci si avvale di torture più leggere come l’Attention Grab (l’interrogante copre il viso dell’interrogato con la sua maglietta e lo scuote), l’Attention Slap (un colpo a piena mano sul volto) e il Belly Slap (un colpo a piena mano sull’addome, che provoca dolore ma nessun danno interno). Ma anche di violenze più dure, come il Long Time Standing, in cui il prigioniero, incappucciato è costretto in piedi per oltre quaranta ore; la Cold Cell, col prigioniero lasciato nudo in una cella a 10 gradi; il Waterboarding, una forma controllata di annegamento; la Sleep Deprivation, in cui s’impedisce al prigioniero di dormire per diversi giorni.
Il supporto artistico-iconico e la sua trasposizione estetica servono a smascherare la politicizzazione dei termini istituzionali riguardanti l’abuso di potere e l’utilizzo della forza. Formule utili a codificare e a legittimare la violenza legalizzata della tortura, secondo la psicologia distruttiva realmente usata da agenti governativi nelle carceri di massima sicurezza degli Stati Uniti, ma anche in luoghi come Kandahar, Bagram Airbase e Guantanamo Bay.
Per la seconda volta a Brescia, alla galleria di Fabio Paris, gli Ubermorgen.com (Lizvlx, Linz, 1973 e Hans Bernhard, New Haven, 1971; vivono a Vienna e St. Moritz) sottopongono la vita della violenza allo spettacolo asettico dell’arte. Una decina di fotografie di medio formato scontornate su fondo bianco, un video, un’installazione web e una performance raccontano una guerra mentale rivisitata dal duo. Quella lotta astratta che, in qualità di corporazione culturale, la coppia utilizza come se avesse tra le mani un nuovo supporto, una tagliente tabula rasa sulla quale registrare e incidere la forza che li contraddistingue. Le composizioni e i temi che mette in scena sono, infatti, le viae crucis subite da detenuti e piccoli delinquenti messi in carcere perché sospettati di reati gravi ai danni dello Stato.
Per gli Ubermorgen.com è necessario illustrare, attraverso un iter formale patinato, la metodologia-linguistica migliore che descrive estorsioni e confessioni fatte ai detenuti, non-uomini da sconfiggere psicologicamente. Per queste operazioni ci si avvale di torture più leggere come l’Attention Grab (l’interrogante copre il viso dell’interrogato con la sua maglietta e lo scuote), l’Attention Slap (un colpo a piena mano sul volto) e il Belly Slap (un colpo a piena mano sull’addome, che provoca dolore ma nessun danno interno). Ma anche di violenze più dure, come il Long Time Standing, in cui il prigioniero, incappucciato è costretto in piedi per oltre quaranta ore; la Cold Cell, col prigioniero lasciato nudo in una cella a 10 gradi; il Waterboarding, una forma controllata di annegamento; la Sleep Deprivation, in cui s’impedisce al prigioniero di dormire per diversi giorni.
Il supporto artistico-iconico e la sua trasposizione estetica servono a smascherare la politicizzazione dei termini istituzionali riguardanti l’abuso di potere e l’utilizzo della forza. Formule utili a codificare e a legittimare la violenza legalizzata della tortura, secondo la psicologia distruttiva realmente usata da agenti governativi nelle carceri di massima sicurezza degli Stati Uniti, ma anche in luoghi come Kandahar, Bagram Airbase e Guantanamo Bay.
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Fabio Paris Art Gallery
Via Alessandro Monti, 13 – 25121 Brescia
Orario: da lunedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Catalogo FPEditions a cura di Domenico Quaranta, con testi di Inke Arns e Jodi.org
Info: tel. +39 0303756139; fax +39 0302907539; fabio@fabioparisartgallery.com; www.fabioparisartgallery.com
[exibart]
MA NON SCHERZIAMO!!
La tortura è un metodo di coercizione fisica o psicologica, talvolta inflitta con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni; molte volte accompagnata dall’uso di strumenti particolari atti ad infliggere punizioni corporali. In ambito di diritto penale preclassico non si considera una punizione ma un mezzo di prova.
Essa comprende:
in senso proprio, la torsione delle membra, con riferimento al barbaro tormento corporale che si infliggeva anticamente all’imputato, perché confessasse il delitto e rivelasse il nome dei complici, e anche, ma più raramente, ai testimoni per farli parlare;
per estensione, ogni forma di costrizione fisica o morale ai danni di qualcuno al fine di estorcergli qualche cosa o per pura crudeltà.