Professione di fede a parte, il realismo di
Aligi Sassu (Milano, 1912 – Pollença, 2000) non si esaurisce nella mera cronaca del vero, nella sapiente registrazione del quotidiano, ma vive di incessanti richiami alla dimensione atemporale del mito, alla colta citazione del classico, che tuttavia non manca di pronunciarsi sull’attuale.
Ecco dunque gli
Uomini rossi -conseguenza della passione per
Masolino e
Beato Angelico– vestire in giacca e cravatta, calarsi nei panni dei ciclisti, popolare i caffé milanesi o parigini. Sono gli stessi personaggi che, dimessi gli abiti del tempo storico, sfilano in scenari idilliaci, noncuranti delle rassicuranti coordinate spazio-temporali, nudi e belligeranti come i
Gladiatori di
Giorgio de Chirico, lavoratori epici come i
Costruttori sironiani oppure, nel loro contraltare femminile sensuale, prossimi alle
Bagnanti di
Renoir (è durante un soggiorno parigino che Sassu alimenterà il suo grande amore per la pittura dell’Ottocento francese).
La mostra allestita nelle stanze di Palazzo Reale -curata da Giuseppe Bonini e realizzata in collaborazione con la Fondazione Aligi Sassu, Helenita Olivares di Lugano e lo Studio-Archivio Sassu di Milano- documenta la produzione pittorica dell’artista milanese degli anni ‘30, seppur l’attività di Sassu abbracci un arco cronologico ben più ampio e risulti estremamente varia (sculture, illustrazioni, ceramiche, scenografie).
La versatilità dell’artista non si esaurisce nella padronanza di arti differenti, ma nello specifico di ciascun ambito artistico, e segnatamente in quello pittorico, dove dimostra di saper abilmente spaziare tra differenti possibilità tecnico-stilistiche: dagli esordi futuristi negli anni ’20 approda, nel corso degli anni ’30, a una stesura pittura ora solida e compatta, ora sfrangiata, ad attestare una nitida reminescenza impressionista.
Gli anni ’30 sono anche gli anni del fervore politico di Sassu -note sono le sue azioni di disturbo antifascista, la diffusione di stampa clandestina e un manifesto che inneggia all’insurrezione- che condurranno l’artista nel ’38 a una carcerazione di sei mesi, detenzione che non andrà a spegnere, ma se possibile a fomentare la creazione di opere di opposizione, quali
Spagna 1937 e
La morte di Cesare.
Nello stesso anno sorgeva a Milano il gruppo Corrente, nato attorno all’omonima rivista fondata da
Ernesto Treccani, al quale aderirono, tra gli altri,
Birolli,
Fontana,
Guttuso,
Manzù,
Santomaso e
Vedova. Alle opere del gruppo, realizzate tra il 1930 e il ‘45, è dedicata la retrospettiva nelle sale attigue alla personale di Sassu, presente anche nella collettiva con un discreto numero di pezzi.
Ecco nuovamente riaffermata la capacità di Sassu di calarsi in contesti differenti, in grado di spiccare da solo come in gruppo; sempre eclettico, abile nel rinnovarsi, suscettibile a contaminarsi, eppure mai ibrido.