“
Bisogna rinunciare ad essere capiti”: la sentenza di
Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 1876 – Bellagio, Como, 1944) sembra rispondere all’interrogativo finale di
Ecce Homo – “
Sono stato capito?” – con un radicale rifiuto. Il segno di un carattere impetuoso e indomabile, e profetica indicazione di un destino a cui anche i festeggiamenti del centenario non si sottraggono. Della ribellione esaltata, del terremoto destabilizzante che tutto voleva travolgere sono ricordati soprattutto l’entusiasmo e gli aspetti ludici, come se la celebrazione dovesse di necessità tacere gli aspetti più scomodi, dimenticandone le contraddizioni e lo scandalo che ne hanno fatto la grandezza.
La mostra al Palazzo delle Stelline non esce da questa retorica e appare in parte come un esilio dorato lontano dalla grande kermesse di Palazzo Reale, rendendo più difficile cogliere interconnessioni e legami creativi fra l’instancabile fondatore e la temperie culturale da lui animata, lasciando la rassegna in una dimensione più privata.
Apre una serie di opere che facevano parte della collezione di Marinetti; opere d’indubbio valore, come
Linea e forza di una bottiglia di
Umberto Boccioni o
Il pugno di Boccioni di
Giacomo Balla, a cui si affianca una larga serie di ritratti e caricature di Marinetti, rappresentato unanimemente come l’irrequieta incarnazione del Futurismo.
Grande spazio è dedicato alle tavole di
Parolibere, vortici di pieni e vuoti tipografici che si stagliano sulla pagina, a rinnovare carica espressiva e immediatezza del linguaggio. Oltre trenta parolibere di Marinetti sono per la prima volta raccolte insieme, tra cui il grande
Bombardment d’Andrinople e il collage dedicato a Guido Guidi, a cui si affiancano tavole parolibere di altri futuristi, come
8 tipi di critica imbecille di
Carlo Carrà e
Massacro mondiale di
Fortunato Depero.
Al piano sottostante risuonano le voci dei futuristi, e impressiona la lunga sequenza dei manifesti, affissi uno accanto all’altro, a indicare la portata di una tempesta culturale che non ha risparmiato alcun ambito della cultura e della società. In ogni sala, sui tappeti rossi delle bacheche, si mostrano pubblicazioni e prime edizioni di opere di Marinetti assieme a documenti, come il carteggio con esponenti di spicco delle avanguardie, tra cui la richiesta di
Kandinsky di un intervento in soccorso delle opere delle avanguardie tedesche minacciate dai roghi nazisti, oppure le Cartoline modello Cangiullo, che sintetizzavano la guerra in 7 caselle prestampate: futurismo, guerra, piaceri, novità, donne, viaggi, saluti.
Una mostra interessante, ricca di opere significative e documenti singolari, ma che delude le aspettative. Non solo per l’isolamento in cui si rinchiude, ma anche per l’allestimento, troppo classico per celebrare opportunamente il genio dinamitardo e visionario di Marinetti, ispirando nello spettatore una seriosa attenzione, che lui stesso avrebbe probabilmente deriso con feroce ironia.