Si parte da Gutenberg e dai monaci amanuensi medievali per spiegare ai visitatori la doppia personale di
Sten, stencil artist romano, e
Luca Favella, fotografo, anch’esso dalla Capitale. Una joint venture del tutto particolare, che dà vita a un ribaltamento concettuale: quello della possibilità di riproduzione in serie dell’immagine, stampata o fotografica.
A 560 anni dall’invenzione dei caratteri mobili, vera e propria rivoluzione nella creazione seriale di figure e icone, prive però di unicità , lo stenciler mette in discussione le teorie di Benjamin sulla perdita d’aura dell’immagine moltiplicata in più esemplari. Partendo da figure altamente stereotipate -francobolli, xilografie antiche, ritratti di santi- l’artista capitolino crea rappresentazioni altre, rifacendosi a quella “Hole School” da lui creata, ovvero l’arte del ritaglio delle matrici che serviranno poi per lo stencil, unica tecnica pittorica che consente la riproducibilità dell’opera.
Le nuove effigi sono astrazioni dell’originale, stilizzate e scarne, silhouette d’immagini organiche.
Nessun ritaglio, lo stravolgimento è proprio qui: attraverso il lavoro manuale, il ritratto ritrova l’eccezionalità del pezzo d’arte, la lavorazione personale e irriproducibile; al contrasto tra pieno e vuoto si sostituisce quello tra pittura e foglio, le sagome prendono vita, perdono la stereotipazione della riproduzione in serie, riconquistando la propria aura, e rinunciando alla possibilità del mutiplo.
Fori Romani, perché il concetto di taglio, foro, mancanza è quello che crea l’immagine, ma che al momento stesso è negato per privilegiare la pittura. Così, alla street art si affianca la Pop alla
Roy Lichtenstein, con la tipica texture a pallini ottenuta con retini realizzati a mano.
E la stessa operazione è compiuta da Favella nel reportage fotografico che accompagna le tavole dello street artist. Non stampe tradizionali, ma Polaroid, unico formato a non portare in sé la possibilità di serialità . Il fotografo interviene sulle istantanee, asportando brandelli della patina che ricopre le immagini, creando opere uniche. La documentazione della creazione artistica dello stenciler e dell’allestimento della mostra perde così il puro intento di reportage, per acquistare valore e dignità artistica.
Un altro passo dell’arte di strada nel circuito più convenzionale delle gallerie, con il grande merito di non sembrare snaturata e artificiale; segno dell’esistenza di una generazione di street artist che non ha nulla da invidiare agli artisti tradizionali, e capace di creare opere di grande pregio.