Dopo la grande mostra al Pac dell’estate scorsa, le sculture di
Stephan Balkenhol (Fritzlar, 1957) ritornano a Milano. Si tratta dei suoi ultimi lavori, realizzati nel corso di quest’anno, con incisioni talmente fresche da far sentire la vitalità della materia, nel modo in cui il legno risponde al taglio, liberando il suo aroma nell’aria. Buona parte delle opere in mostra riprende le ben note figure dell’artista tedesco, che ritraggono uomini di un quotidiano indistinto. Sono i volti, le espressioni e le pose di personaggi anonimi, come i fantasmi che compongono la folla che ogni giorno attraversa stazioni e metropolitane. Più dei volti, parlano le posture. Spalle incassate, schiene curve, mani in tasca, ventri rilassati, gambe molli.
Lo scalpello di Balkenhol riproduce il lato umano che meno si presta a essere immortalato, quello che generalmente è a tal punto evanescente da non essere visto.
Le sue sculture, invece, estraggono i singoli dalla massa mantenendo uno sguardo indifferenziato, senza dar loro identità e neppure emozione, isolandoli su un piedistallo che amplifica il loro essere anonimi e privi di interesse. La forza delle sue opere sta nell’espressività della materia, che supera quella del raffigurato. La durezza dei tratti scolpiti, i segni marcati ancora da sgrossare, le scheggiature e le crepe sul legno creano meravigliosi giochi di luci e ombre, in grado di dare enorme vitalità a ciò che compongono.
Tra le sculture presenti, si distingue
Mann mit Tasse, un dittico di statua e rilievo, in cui una grande tazza fa da sfondo alla piccola scultura di un uomo stretto nella giacca in pelle nera, dalla foggia meno anonima rispetto alle classiche divise dell’uomo comune cui Balkenhol ci ha abituato. Colpisce la delicatezza di
Frau mit kurzem Rock, mentre appare poco convincente e acerbo
Grosser Mann mit weissem Hemd, forse per l’ancora eccessiva freschezza del legno.
Alcuni dei lavori presentati escono dai canoni dell’artista, come
Kokarde, che raffigura i cerchi concentrici di una coccarda colorata attraverso incisioni insolitamente levigate. Oppure
Architektur, un’evocativa torre con alla sommità quattro teste, che guardano tutte, ciascuna da un diverso angolo, in direzioni differenti. Tra i bassorilievi, si segnala per dimensioni e intensità il grande
Tokyo by Night che realizza, attraverso un assemblaggio di legno di wawa e di pioppo colorati, uno skyline immaginario della capitale giapponese.
Sono ben quattro, infine, i bassorilievi che raffigurano volti umani. Nel loro gioco di ombre che nega a distanza la terza dimensione, sembra di cogliere un sottile rimando ai soggetti ritratti.
Svuotati, privi di vita e profondità, appiattiti come i rilievi che li raffigurano, in una bidimensionalità illusoria. Sono i ritratti svuotati di personaggi e storie possibili, che sta allo spettatore decidere come riempire.