La prima mostra personale dell’indonesiano Oky Rey Montha (1986), per gli amici Kyre, di scena alla Galleria Primo Marella (una salutare finestra milanese sull’arte del Asia del Sud), è molto più ironica, horror-pop, colorata, dissacrante e junghiana di quanto si possa pensare. L’artista sembra un folletto uscito da un fumetto: ex rasta, cresciuto in una famiglia problematica, educato alla vita di strada e dotato di spirito di sopravvivenza, costretto a provvedere a se e ai suoi fratelli fin da piccolo, si porta dentro il ricordo di un padre violento e di un infanzia turbolenta. Lo salva la sua passione per i fumetti, le riviste illustrate per i piccoli, i cartoni animati e i conigli come compagni di giochi. Ha vissuto nelle baraccopoli lungo i binari ferroviari che collegano Jakarta a Depok, è stato musicista di strada, facchino dei mercati, operaio, custode di un centro di massaggi che in realtà era un bordello, fino alla svolta, all’evasione dal reale attraverso l’arte e la pittura.
Kyre esorcizza il suo passato con murales, personaggi bizzarri, e un segno nero, incisivo, sintetico, rapido, che esprime le sue visioni, le ansie, gli incubi, e l’atlante di emozioni e corrispondenze tra realtà e finzione. In galleria si trova tutta la sua vita, narrata in una ventina di opere dall’energia convulsiva: disegni, strip, sculture kitsch e un video che svela la sua passione per Tim Burton, il Cappellaio magico di Alice e Moebius in chiave pop. La “Kyresophia” rispecchia il suo mondo, complesso e visionario, che attinge dalle sue esperienze, dai suoi traumi, e si risolve in un mix inquietante di figure e totem simboleggianti paure, insicurezze e la ricerca di una bellezza ideale. Da segnalare il video (di cinque minuti) in cui il ritratto della Gioconda, di Maria Teresa di Calcutta e di Cleopatra diventano gli ingredienti di una formula alchemica da cui si genera la nuova, surreale, Afrodite materializzata in una scultura all’entrata: un ibrido tra la “Sposa cadavere” di Burton e un’aliena manga cybergpunk, minacciata da una pistola impugnata da un’altra scultura dalle fattezze simili a quelle dell’artista.
L’adrenalina scorre lungo le pareti della galleria, nei murales d’impatto scenografico eseguiti, in una performance life, lo scorso tre maggio. Kyre ha trasformato il suo vissuto in un linguaggio immaginifico, ipnotico, per narrare l’assurdo quotidiano radicato nel suo inconscio.