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Fino all’ 1.II. 2015 | Alberto Giacometti | Galleria d’Arte Moderna, Milano

di - 2 Dicembre 2014
La Galleria d’arte Moderna inaugura la sua nuova attività attraverso il racconto della tormentata carriera di Alberto Giacometti, indiscusso protagonista della scultura del Novecento. Dall’esordio a contatto con il post-cubismo e il Surrealismo fino alla fase più matura, la mostra ripercorre la sua produzione artistica attraverso una selezione calibrata curata da Chaterine Grenier che include bronzi, gessi, marmi, disegni, dipinti, fotografie d’autore (Brassaï) e immagini d’archivio.
Dalle opere giovanili alle opere monumentali notiamo un progressivo allontanamento dalle correnti dominanti del suo tempo. Dal primitivismo estetizzante che caratterizza opere come La Coppia (1927) in cui vengono rappresentati un uomo e una donna dai forti connotati sessuali attraverso una sintesi di elementi imbevuti di arte cicladica e megalitica, si arriva ad opere quali Palla sospesa (1930-31).
Questa opera provocò forte entusiasmo fra i Surrealisti tanto che Salvator Dalì la definì il prototipo degli “oggetti a funzionamento simbolico” basato sulla sollecitazione dei meccanismi inconsci. E come non associare Donna Cucchiaio a Cucchiaio-Scarpetta di Breton di Man Ray (1934) in cui attraverso la tecnica del doppio si accede a quell’”automatismo psichico” tanto caro ai Surrealisti. Le opere della prima fase richiamano il fallocentrismo di Principessa X e la stilizzazione di Uccello nello spazio (1927) di Costantin Brancusi che nulla hanno a che fare con le sculture che Giacometti realizzerà dopo la guerra.

Volti, ritratti, sguardi e forme si trasformano e danno vita a figure filiformi, esili creature schiacciate dal peso della vita, le cui superfici rugose e irregolari ci offrono una visione di isolamento e immobilità, spesso rinchiuse in “gabbie”metaforiche (La Gabbia, prima versione, 1949-50).
Le sue sculture, per lo più realizzate in bronzo, ricordano il basso materialismo delle ceramiche di Lucio Fontana realizzate come fossero superfici di fango informe. In opere come La radura o Quattro donne su un piedistallo (1950) le gracili figure umane allungate e piatte contrastano con i massicci basamenti su cui poggiano. Ciò tende a evidenziare il divario tra la precarietà e la fragilità dell’essere umano rappresentato e la forza che deve trarre l’uomo per sopravvivere. Un percorso, quello all’interno della GAM, che fa emergere l’ossessione di un uomo che ha passato tutta la sua vita cercando di catturare l’essenza psicologica dell’uomo, “come se ci fosse qualcosa da vedere che non si vede al primo colpo d’occhio” come affermerà egli stesso. Guardando le sue opere si ha l’impressione di “vedere gli esseri”, non per la loro ressemblance ma per la loro natura caduca.
‹‹Ho sempre l’impressione e il sentimento della fragilità degli esseri viventi come se ci volesse un’energia formidabile perché possano stare in piedi istante dopo istante››. In queste parole di Alberto Giacometti non vi è solo una dichiarazione esistenziale, ma soprattutto una implicita dichiarazione poetica. Lo scultore svizzero definito da Jean-Paul Sartre “l’artista esistenziale per eccellenza” riesce a cogliere ciò che vi è di inafferrabile nella realtà: la condizione umana. Fragile anche quando sembra essere monumentale come Grande Donna IV (1960-61).
Sara Marvelli
mostra visitata il 14 ottobre
Dall’8 ottobre 2014 all’1 febbraio 2015
Alberto Giacometti
Galleria d’Arte Moderna
Via Palestro 16, 20121, Milano
Orari: Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30 – 19.30
Giovedì 9.30 – 22.30

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