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14
febbraio 2008
fino all’1.III.2008 Marika Asatiani Milano, annarumma404
milano
Attraverso una carrellata di sguardi, Marika Asatiani racconta la storia del proprio Paese. Lotte, annessioni, divisioni millenarie mai risolte. Le vite di uomini e donne semplici si rivelano all’obiettivo di una giovane artista georgiana...
di Santa Nastro
Capanne di legno, sperdute nella campagna brulla e assolata, volti di giovani donne provati dal sole e incorniciati da austeri foulard neri, pelli piagate dal tempo e dalle vicissitudini. Siamo ad Achara, in Georgia, una regione significativa per le vicende storiche che ne hanno segnato confini e abitanti. Storie d’indipendenze, annessioni, sangue, rivoluzioni e riannessioni. Trascorrono circa due anni dalla fine dei conflitti e una giovane artista-fotografa locale, Marika Asatiani (Tiblisi, 1977), si reca ad Achara per stilare un reportage attento e meticoloso, di cui protagonisti assoluti sembrano essere le figure femminili, le abitazioni e i singoli, delicati gesti della quotidianità, finalmente tornata a essere il cardine fondamentale dell’esistenza di questa terra.
Vite, inquadrature e sguardi che non possono non ricordare nell’ostentazione di una dignità mai perduta, accentuata dalle posture fiere avvolte in abiti malmessi, nella simulazione di non- chalance davanti a quell’obiettivo e al suo manovratore, che diverte e incuriosisce, la poesia romantica e trasgressiva di Un Paese, progettato da Cesare Zavattini e Paul Strand tra il 1952 e il 1955, nel paese natìo dello scrittore, Luzzara. Si tratta di due realtà diverse, eppure estremamente vicine. Entrambe colte tra le rovine di guerre, regimi, politiche infelici, dolorose e decennali. Entrambe viste attraverso gli occhi di quei protagonisti che la storia tende a dimenticare, di quegli oggetti che gli avvenimenti travolgono nella piena, senza il lusso di una menzione, mettendo in conto un numero in più fra i tanti. In entrambe le circostanze, sono, infine, gli artisti che si adoperano per riempire i vuoti interstiziali lasciati dalla storia.
Una storia, che nel caso delle montagne di Achara, è stata in grado di separare e isolare, fino a far sì che i suoi abitanti, divisi dal resto della Georgia per religione e confini geografici, sviluppassero estetica e tradizioni peculiari. L’atteggiamento di Marika Asatiani è dunque sia quello di chi, con amor di patria, fa un pellegrinaggio in terra natìa alla riscoperta della storia del proprio Paese, sia quello dello straniero che si ritrova sedotto e affascinato da misteriose ed esotiche culture lontane. Entrambi i sentimenti emergono molto chiaramente dai suoi still, in cui affetto, identificazione ed empatia sembrano vincolare fotografo e soggetto in un legame profondo, un calore che allo spettatore esterno non può sfuggire.
Tuttavia, l’attenzione dell’artista per le vesti colorate, per i costumi domenicali così goffamente occidentali, per i tappeti arabescati stesi al sole e le decorazioni insolite, sottolineate con vigore attraverso le angolazioni, le luci e le inquadrature delle sue immagini, tradiscono una distanza di anni-luce tra due realtà che i confini hanno unito e che le vicende e la realtà più volte hanno tentato di separare.
Vite, inquadrature e sguardi che non possono non ricordare nell’ostentazione di una dignità mai perduta, accentuata dalle posture fiere avvolte in abiti malmessi, nella simulazione di non- chalance davanti a quell’obiettivo e al suo manovratore, che diverte e incuriosisce, la poesia romantica e trasgressiva di Un Paese, progettato da Cesare Zavattini e Paul Strand tra il 1952 e il 1955, nel paese natìo dello scrittore, Luzzara. Si tratta di due realtà diverse, eppure estremamente vicine. Entrambe colte tra le rovine di guerre, regimi, politiche infelici, dolorose e decennali. Entrambe viste attraverso gli occhi di quei protagonisti che la storia tende a dimenticare, di quegli oggetti che gli avvenimenti travolgono nella piena, senza il lusso di una menzione, mettendo in conto un numero in più fra i tanti. In entrambe le circostanze, sono, infine, gli artisti che si adoperano per riempire i vuoti interstiziali lasciati dalla storia.
Una storia, che nel caso delle montagne di Achara, è stata in grado di separare e isolare, fino a far sì che i suoi abitanti, divisi dal resto della Georgia per religione e confini geografici, sviluppassero estetica e tradizioni peculiari. L’atteggiamento di Marika Asatiani è dunque sia quello di chi, con amor di patria, fa un pellegrinaggio in terra natìa alla riscoperta della storia del proprio Paese, sia quello dello straniero che si ritrova sedotto e affascinato da misteriose ed esotiche culture lontane. Entrambi i sentimenti emergono molto chiaramente dai suoi still, in cui affetto, identificazione ed empatia sembrano vincolare fotografo e soggetto in un legame profondo, un calore che allo spettatore esterno non può sfuggire.
Tuttavia, l’attenzione dell’artista per le vesti colorate, per i costumi domenicali così goffamente occidentali, per i tappeti arabescati stesi al sole e le decorazioni insolite, sottolineate con vigore attraverso le angolazioni, le luci e le inquadrature delle sue immagini, tradiscono una distanza di anni-luce tra due realtà che i confini hanno unito e che le vicende e la realtà più volte hanno tentato di separare.
santa nastro
mostra visitata il 15 gennaio 2008
dal 15 gennaio al primo marzo 2008
Marika Asatiani – Achara
Galleria Annarumma404
Via Casati, 26 (zona Repubblica-Porta Venezia) – 20124 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 16-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0239430655; info@annarumma404.com; www.annarumma404.com
[exibart]