La figura umana, fisicamente
presente o meno, è la protagonista indiscussa delle tele di Brown. Che siano
all’interno di un’abitazione o all’esterno, su un terrazzo a osservare un aereo
che si allontana verso una destinazione ignota, i personaggi che l’artista
inglese mette in scena nei suoi “film su tela” sembrano dei fermo immagine di
pellicole degli anni ’50-’60 e stuzzicano nello spettatore una naturale
curiosità. Sembra sempre che qualcosa sia accaduto, che uno strano mistero si
stia consumando al di là della tela, al di là della parete (di cui la tela
diventa finestra su un mondo esterno).
È come se tutti i suoi
protagonisti fossero i personaggi principali di film giallo di stampo
britannico, di cui gli spettatori hanno la facoltà (quasi gentile concessione)
di vedere solo alcune parti, fotogrammi che lasciano un forte senso di suspense. Si sente il
desiderio di entrare nel quadro per capire cosa è appena accaduto o cosa
potrebbe di lì a breve accadere di fronte ai nostri occhi, o meglio dietro a
quegli oli.
In Odeon, due distinti borghesi si allontanano in direzione di
un’uscita: uno è perfettamente illuminato dalla luce che filtra da una grande
finestra, l’altro invece lo segue a poca distanza, completamente in ombra. La
luce dà forma alle figure e le aiuta a celare i loro segreti. Dove stanno
andando, chi è il distinto signore che segue nascosto nell’ombra l’uomo che lo
precede, ed è realmente il primo a guidare il secondo o forse è quest’ultimo che
sta conducendo l’uomo “illuminato” in un luogo a noi ignoto? Nulla di tutto
questo ci è dato sapere.
In Introspection, al contrario, l’inquadratura si restringe e cela
ancora una volta il viso della protagonista, una figura femminile che, con il
capo rivolto verso il basso, riflette, ripensa a qualcosa che le è accaduto o
all’occasione che si è appena fatta sfuggire, come potrebbe suggerire il pugno
serrato che la giovane donna mostra in primo piano.
Ma anche quando il volto del
protagonista è ben visibile emergendo, pur sempre in penombra, dallo sfondo
scuro, il dubbio e la curiosità si insinuano nello spettatore. In Sideways Glance il volto, protagonista
del dipinto, è ritratto di tre quarti e lo sguardo è rivolto verso qualcosa che
si trova al di là della tela. E persino un levriero ritratto in una stanza
spoglia, unico arredo una poltrona vuota, sembra osservare proprio oltre le
spalle dello spettatore, e avere (a differenza di chi in quel momento si trova
di fronte alla tela) piena coscienza di ciò che sta accadendo in quella stanza.
I lavori di Brown sono frammenti
di “storie misteriose”, frammenti di racconti di cui si vorrebbe sapere molto
di più e che trovano nei dark place come negli open space i loro
complici e unici testimoni.
silvia di vincenzo
mostra visitata il 15 febbraio
2011
dall’otto febbraio al primo marzo 2011
Hogan Brown – Dark places open spaces
a cura di
Cristina Ferraro
Wannabee
Gallery
Via Massimiano, 25 (Zonaventura) – 20134 Milano
Orario: da lunedì a venerdì ore 11-20; sabato ore 11-19
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info:
tel./fax +39 0236518733; be@wannabee.it; www.wannabee.it
[exibart]
Artista concettuale e pioniere dell’arte multimediale, Tullio Brunone ha da sempre svolto una ricerca artistica rigorosa sullo sviluppo tecnologico e…
Si è spenta oggi Mathelda Balatresi: nata in Toscana nel 1937, napoletana d’adozione, è stata un’artista elegante e potente, dalla…
Il programma 2025 promosso dal Comune di Barcellona promette un percorso espositivo tra arte, design, fotografia e cinema, con proposte…
Maurizio Cattelan curerà, insieme a Sam Stourdzé, una mostra all’Accademia di Francia a Roma: negli spazi di Villa Medici, la…
Sergio Bonelli pubblica una nuova graphic novel dedicata alla straordinaria vita di Otama Kiyohara, pioniera nell’integrazione tra arte orientale e…
A Milano nasce la Fondazione Emilio Scanavino, per celebrare un maestro del Novecento: si inaugura con una mostra che racconta…