Un’intera produzione grafica per celebrare, tra satira e denuncia sociale, il genio dell’artista spagnolo Francisco Goya (Fuentetodos, 1746 – Bordeaux, 1828), la cui mostra –Goya. I Capolavori incisi, esposta al Castello Visconteo di Legnano- comprende i tre celebri cicli grafici: I Capricci, I Disastri della Guerra e Le Follie. La rassegna inoltre è anche occasione per festeggiare la riapertura al pubblico dello storico monumento visconteo, risalente al XIII secolo e da poco restaurato.
Considerato uno dei più grandi incisori della storia dell’arte, anticipatore di impressionismo, surrealismo ed espressionismo, l’artista raggiunge il suo culmine con le acqueforti: per tutto il XIX secolo il Goya decoratore e ritrattista è infatti sconosciuto e la sua fama è legata esclusivamente alle opere calcografiche. Incisore vigoroso e originale, corteggiato dalle corti spagnole sedotte dalla sua ineguagliabile arte, Goya è uno dei pochi artisti in grado di influenzare la storia di una nazione.
La produzione degli ottanta Caprichos (1794-95), contemporanea alla sordità dell’artista, non risente della malattia, che anzi incrementa la tensione emotiva e fa di queste opere il suo primo capolavoro. Il termine “capricci”, che indica invenzioni bizzarre e stravaganti, si riferisce ad un genere stilistico libero dagli schemi convenzionali. La finalità di queste calcografie, in cui predomina una satira irriverente, è di documentare la stupidità e la degradazione umana: opulenza e disperazione, comicità e tragedia, pace e guerra sono oggetto delle sue acqueforti. E negli attacchi alla società, il genio ribelle e anticonformista di Goya non risparmia nessuno: dalle donne “facili” alla nobiltà oziosa, fino all’umanità in generale: gli uomini -come in Follia di carnevale– sono tutti maschere, enfatiche e stralunate, che si rincorrono caoticamente, senza nemmeno sapere da cosa fuggono o cosa stanno inseguendo, vittime della loro stessa ignoranza.
Ma è nella satira anticlericale che l’illuminista spagnolo dà il meglio di sé, condannando la superstizione e deridendo streghe, diavoli e tutte le creature mostruose nate dall’irrazionalità umana. Pubblicati nel 1799, I Capricci creano scandalo e, considerati blasfemi, vengono censurati dall’Inquisizione.
La più completa produzione calcografica di Goya è però rappresentata dalle intense incisioni de I Disastri della Guerra (1810-1820): una serie di ottanta lastre pubblicate postume e suddivise in tre sezioni (Guerra, Fame e Capricci enfatici o Tavole allegoriche). Stampe sovversive e profondamente drammatiche, I Disastri sono la trasfigurazione artistica degli orrori della guerra e della terribile esperienza emotiva dell’artista, che ha vissuto da testimone l’invasione napoleonica della Spagna (1807-1813) e le sue devastanti conseguenze. Le incisioni rappresentano la crudeltà a cui possono giungere gli uomini quando perdono il lume della ragione diventando autori di crimini scellerati. E la guerra viene descritta per ciò che realmente è: un’inutile atrocità fatta di massacri, torture e violenze fisiche e sessuali che non risparmiano neanche donne e bambini. In guerra non esistono né vinti né
Le Follie -esposte alla Banca di Legnano- completano il percorso espositivo, oltre che l’intera produzione artistica del maestro. Si tratta di ventidue tavole, definite “disperate”, termine dall’interpretazione controversa indicante qualcosa di irrazionale appartenente alla sfera del sogno, della paura e dell’inconscio collettivo. Caratterizzate da soggetti enigmatici e apparentemente illogici, queste opere appaiono come immagini oniriche profondamente inquietanti.
Tutta la sua produzione grafica è una trasfigurazione fantastica di una realtà umana che l’artista osserva con spregiudicata libertà. Il genio di Goya attinge spesso al buio dell’inconscio e Il sonno della ragione genera mostri è l’opera che meglio sintetizza la sua poetica. Strenuo difensore dell’illuministica ragione, l’artista vede nell’irrazionalità il deterioramento della morale e considera l’uomo un essere in sospeso tra la ragione e l’istinto, ma dotato di quel libero arbitrio che elimina ogni possibile attenuante etica alla corruzione umana. E l’uomo che decide di abbandonare la ragione per cedere all’istinto, per Goya, non ha scusanti.
roberta vanore
mostra visitata il 3 febbraio 2007
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