I
territori protagonisti dei documentari e nei quali l’artista è realmente
vissuto per alcuni mesi sono la Terra del fuoco, in Patagonia, dove è stato
girato tra il 2002 e il 2005 Solitude at the end of the world, il lago d’Aral in Uzbekistan, teatro nel 2005 di Aral.
Fishing in an invisible sea, e lo
stretto di Bering in Chukotka, in Siberia, dove si svolge il più recente dei
tre lavori, girato nel 2008, Hunters since the beginning of time.
Casas
ha presentato questi documentari nell’ambito di vari festival, tra cui il Torino
Film Festival, dove il lavoro sul lago d’Aral ha vinto il premio come miglior
documentario, e Documenta Madrid, dove ha ricevuto la menzione speciale della
giuria.
Riti,
usanze, costumi e abitudini sono catturati dall’obiettivo dell’artista nel
tentativo di restituire una realtà ormai in via di estinzione: “Ero
interessato”, afferma Casas, “a
vivere in queste terre cercando di catturare quegli stili di vita che stanno
scomparendo, ero interessato a luoghi che rappresentassero al tempo stesso uno
scenario apocalittico del futuro e un senso di civiltà arcaica. Ero interessato
alle persone che vivono nelle periferie della civiltà e al modo in cui
sopravvivono quotidianamente, a vivere tra loro, seguendone i ritmi e cercando
di capirne le ragioni”.
L’installazione
presentata all’Hangar, intitolata anch’essa End, è il frutto di una rielaborazione delle immagini
girate per la produzione di questi documentari, e si sviluppa su entrambe le
superfici dello schermo, in una sorta di fronte/retro.
Il
fronte si articola su tre schermate sulle quali vengono proiettate le immagini
rielaborate e riassemblate, ora simultaneamente su tutti gli schermi, ora
alternatamente, in una coinvolgente sinfonia visiva. Sul retro, concepito
invece come un’unica schermata, troviamo i fieldwork dei documentari, vale a
dire “riprese statiche o con lenti movimenti di camera basate su
radiofrequenze”.
Il
fascino e la forza evocativa delle immagini sono indiscutibili: End si configura come un canto elegiaco per il
tramonto di queste civiltà in luoghi remoti e isolati, e nello stesso tempo
come un’affermazione della loro esistenza, della quale la moderna civiltà deve
assumere consapevolezza.
Al
di là dei riferimenti a una dimensione arcaico-primigenia o a un futuro
post-atomico, emerge dalla visione l’idea della volontà di cogliere
l’espressione dell’essenza più vera dell’appartenere alla specie umana,
dell’essere uomini, come afferma lo stesso artista: “Sono fermamente
convinto che in quei luoghi ho trovato lo spirito umano nel suo stato più puro
e sincero e spero che queste persone e le loro vite gettino una luce sui
visitatori occidentali e civilizzati. Spero che questi filmati testimonieranno
la loro esistenza”.
A
Netmage 10
matteo
meneghini
mostra
visitata il 26 giugno 2010
dal
24 giugno al primo agosto 2010
Carlos
Casas – End
a
cura di Andrea Lissoni
Hangar
Bicocca
Via
Chiese, 2 (zona Bicocca) – 20126 Milano
Orario:
da martedì a domenica ore 11-19; giovedì ore 14.30-22
Ingresso:
intero € 8; ridotto € 6
Info:
tel. +39 0266111573; fax +39 026470275; info@hangarbicocca.it; www.hangarbicocca.it
[exibart]
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