Le coppie antinomiche dell’esistenza dominano questa esposizione nella neonata galleria Project B, diretta da Emanuele Bonomi: vita e morte / amore e morte.
E poi, naturalmente il sonno: morte apparente dall’esterno e attività onirica creatrice di vita ideale all’interno. E poi alone che avvolge la bellezza più vera, incosciente di sé, che fa innamorare. Sleeping beauty è il titolo della scultura che ritrae la testa di Kate Moss ad occhi chiusi, un’immagine che allontana il ricordo di scandali recenti a favore di una sensazione di pace e purezza. Quest’ultima trionfa combinandosi all’energia vitale in un’altra scultura, Portrait of an artist as a young man, titolo-citazione per un’opera di gusto postmoderno. Un bambino di proporzioni classiche e canoviana levigatezza dorme sospeso su pezzi di costruzioni-giocattolo sparpagliati, indizi riguardo al suo destino, embrioni di una creatività che deve ancora sbocciare.
Già al culmine della loro vita sono invece i fiori, protagonisti assoluti delle tele alle pareti. L’artista cerca di preservarli dallo scorrere fatale del tempo attraverso i colori intensi di una pittura ad olio stesa con uniforme perfezione. Ad una primavera resa eterna per congelamento sembra alludere Ice age. Petali e pistilli, bacche color rubino sfoggiano un turgore quasi plastico, apparentemente incorruttibile. Ma il ghiaccio è anche quello della morte: un teschio bianco e luminoso impone, dalla neve su cui è appoggiato, il proprio inoppugnabile memento mori.
Fiori: simbolo di una vita primaverile incalzata dalla morte dell’inverno, ma anche il più tradizionale correlato dell’amore. Da quest’ultimo sentimento si origina la trasposizione per cui corolle e pistilli diventano simboli di riproduzione. Quella delle orchidee si rivela dunque come una scelta non puramente estetica. Se l’etimologia rimanda ad organi maschili, le orchidee di Quinn si presentano invece come ventri femminili pronti ad accogliere il seme di una nuova vita.
Si compie così in cinque tele l’intero ciclo naturale. Un argomento di portata vasta, quanto le tele su cui prende forma. Si potrebbe fare un appunto sugli spazi ristretti che la galleria offre, ma, spiega il direttore, essi assumono la funzione di stringere il legame fra opere e spettatore. Secondo Bonomi gli ampi saloni in cui l’arte è solitamente presentata suggeriscono una relazione artificiale, non corrispondente a quella ricreabile da un compratore all’interno del proprio spazio abitativo. Ad ognuno la sua scelta, ma forse un Marc Quinn varrebbe la pena di metterlo almeno in un ampio salotto.
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anita fumagalli
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