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03
dicembre 2008
fino all’11.I.2009 Fra’ Galgario Masnago (va), Castello
milano
La collezione dell’Accademia Carrara di Bergamo e la collezione Koelliker di Milano. Unite per celebrare Fra’ Galgario, uno dei maggiori ritrattisti del Settecento. Alla luce di moderni studi e approfondimenti...
di Vera Agosti
La mostra allestita al Castello di Masnago tenta di illuminare la nebulosa vicenda umana e artistica di Fra’ Galgario, proponendo numerose chiavi di lettura: la cronologia, i luoghi e i temi trattati. L’ultima sezione presenta un interessante confronto dell’opera galgariesca con autori coevi, alla ricerca della ricostruzione del contesto culturale in cui Fra’ Galgario si trovò a lavorare.
Giuseppe Ghislandi detto Fra’ Galgario (Bergamo, 1655-1743) è figlio di un pittore locale. Il suo vero maestro e poi rivale è Sebastiano Bombelli, conosciuto a Venezia, dove arriva quindicenne. Sappiamo che nella città lagunare diventa frate paolotto col nome di Fra’ Vittore, ma non abbiamo molte informazioni relative a questo periodo e alla produzione artistica relativa. Sicuramente, una buona parte della sua prima pittura risente dell’influsso veneziano per il gusto sontuoso nella descrizione della nobiltà, per i colori lucidi e brillanti, le cosiddette lacche, di cui è esemplare in mostra il rosso splendido e prezioso nel Ritratto di Gian Domenico Tassi.
Dopo un breve soggiorno a Milano, nel 1701 Fra’ Vittore fa ritorno a Bergamo, dove viene chiamato Fra’ Galgario, dal nome del convento in cui passerà il resto della propria vita. Nella città natale si scontra col realismo tipicamente lombardo e smorza il gusto veneziano in favore di un’atmosfera più sfumata e dalla materia pittorica più densa e consistente. L’idillio cede il posto alla verità umana e all’approfondimento dell’indagine psicologica.
Presto, nel secondo decennio del Settecento, arriva al successo, coltivando un genere di gran moda: teste di giovinetti, spesso suoi allievi o collaboratori, abbigliati secondo una foggia orientaleggiante in camere in penombra, come nei bellissimi Ritratto di Fanciullo e Ritratto del Cerighetto, entrambi presenti nella rassegna varesina.
Nel periodo della maturità, invece, la pittura si fa più rarefatta, il colore è steso per macchie, con esiti estremamente moderni. Secondo il biografo Francesco Maria Tassi, c’è una precisa volontà di seguire l’esempio di Tiziano, dipingendo con le dita i volti dei personaggi, in modo da confondere dolcemente ogni contorno. Da un punto di vista psicologico, si nota un indugiare sul tema della vecchiaia, accompagnata dal sentimento della malinconia. A questa fase risalgono i capolavori dei ritratti di Bertrama Daina de’ Valsecchi e Francesco Maria Bruntino.
In mostra anche il suo aiutante più stretto, Paolo Maria Bonomino, che raggiunge i risultati più simili al maestro, nonché l’ironia di Cesare Fermi detto il Norcino e il sottovalutato Bartolomeo Nazzari, splendido ritrattista. Tra gli altri, alcuni stranieri come Giuseppe Giachinetti Gonzales, soprannominato il Bergognone delle Teste, e soprattutto un bellissimo Ceruti, che salda l’area bresciana alla zona del capoluogo e al milanese.
L’esposizione ha il grandissimo merito di riportare in auge Fra’ Galgario, proposto da Roberto Longhi nel 1952 nella celebre mostra I Pittori della Realtà, dopo anni di oblio. Degne di nota le opere inedite presentate, frutto di nuove attribuzioni e ricerche.
Giuseppe Ghislandi detto Fra’ Galgario (Bergamo, 1655-1743) è figlio di un pittore locale. Il suo vero maestro e poi rivale è Sebastiano Bombelli, conosciuto a Venezia, dove arriva quindicenne. Sappiamo che nella città lagunare diventa frate paolotto col nome di Fra’ Vittore, ma non abbiamo molte informazioni relative a questo periodo e alla produzione artistica relativa. Sicuramente, una buona parte della sua prima pittura risente dell’influsso veneziano per il gusto sontuoso nella descrizione della nobiltà, per i colori lucidi e brillanti, le cosiddette lacche, di cui è esemplare in mostra il rosso splendido e prezioso nel Ritratto di Gian Domenico Tassi.
Dopo un breve soggiorno a Milano, nel 1701 Fra’ Vittore fa ritorno a Bergamo, dove viene chiamato Fra’ Galgario, dal nome del convento in cui passerà il resto della propria vita. Nella città natale si scontra col realismo tipicamente lombardo e smorza il gusto veneziano in favore di un’atmosfera più sfumata e dalla materia pittorica più densa e consistente. L’idillio cede il posto alla verità umana e all’approfondimento dell’indagine psicologica.
Presto, nel secondo decennio del Settecento, arriva al successo, coltivando un genere di gran moda: teste di giovinetti, spesso suoi allievi o collaboratori, abbigliati secondo una foggia orientaleggiante in camere in penombra, come nei bellissimi Ritratto di Fanciullo e Ritratto del Cerighetto, entrambi presenti nella rassegna varesina.
Nel periodo della maturità, invece, la pittura si fa più rarefatta, il colore è steso per macchie, con esiti estremamente moderni. Secondo il biografo Francesco Maria Tassi, c’è una precisa volontà di seguire l’esempio di Tiziano, dipingendo con le dita i volti dei personaggi, in modo da confondere dolcemente ogni contorno. Da un punto di vista psicologico, si nota un indugiare sul tema della vecchiaia, accompagnata dal sentimento della malinconia. A questa fase risalgono i capolavori dei ritratti di Bertrama Daina de’ Valsecchi e Francesco Maria Bruntino.
In mostra anche il suo aiutante più stretto, Paolo Maria Bonomino, che raggiunge i risultati più simili al maestro, nonché l’ironia di Cesare Fermi detto il Norcino e il sottovalutato Bartolomeo Nazzari, splendido ritrattista. Tra gli altri, alcuni stranieri come Giuseppe Giachinetti Gonzales, soprannominato il Bergognone delle Teste, e soprattutto un bellissimo Ceruti, che salda l’area bresciana alla zona del capoluogo e al milanese.
L’esposizione ha il grandissimo merito di riportare in auge Fra’ Galgario, proposto da Roberto Longhi nel 1952 nella celebre mostra I Pittori della Realtà, dopo anni di oblio. Degne di nota le opere inedite presentate, frutto di nuove attribuzioni e ricerche.
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a cura di Francesco Rossi e Giovanni Valagussa
Civico Museo d’Arte moderna e Contemporanea – Castello
Via Cola di Rienzo, 52 – 21100 Masnago (VA)
Orario: da martedì a domenica ore 10-12.30 e 14.30-18.30; terzo sabato del mese ore 10-12.30 e 14.30-22;
Ingresso: intero € 4; ridotto € 3/1
Catalogo Mazzotta
Info: tel. +39 0332220256; fax +39 0332822959; musei.masnago@comune.varese.it; www.comune.varese.it/servizi_culturali
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