24 gennaio 2011

fino all’11.II.2011 Iva Kontic Milano, Osart

 
Un appartamento tutto per sé. La personale di Iva Kontic parla dell’insicurezza degli oggetti e della relazione con gli spazi abitati. Superando la tradizionale autosufficienza della pittura iperrealista...

di

Una formula critica molto felice
parla, a proposito dei dipinti di Edward
Hopper
, della “solitudine dei
luoghi che dovrebbero essere affollati
“. Le tele di Iva Kontic (Belgrado, 1982; vive a
Milano e Londra), a prima vista, sembrano portare alle estreme conseguenze la
poetica del padre nobile del Minimalismo americano; per di più, non ci sono
figure umane, né nighthakws né donne
sole, negli interni neutri. La superficie pittorica è perfettamente uniforme,
senza traccia di materia, le campiture perfettamente delimitate, i colori
neutri e la resa fotografica. Apparentemente si tratta di un esercizio di
sterile oltranzismo minimal applicato
all’appartamento sostanzialmente anonimo di una metropoli americana.

Osservando meglio, però, si
scoprono alcuni dettagli: le fotografie alle pareti ritraggono edifici
bombardati durante la guerra a Belgrado (gli stessi palazzi dipinti in primo
piano da Kontic in passato), il televisore è sintonizzato su un canale all news durante i bombardamenti su
Baghdad…

E poi si comprende che i dipinti
servono da surrogato e sfondo: un simulacro espanso di un appartamento
specifico, l’abitazione del padre dell’artista, trasportabile in una galleria d’arte.
Perché, piuttosto che una semplice esposizione pittorica, si tratta di un’installazione.

Iva Kontic - A Place of... - 2010 - collage e acrilico su tela - cm 80x100 - courtesy Osart Gallery, Milano
Il percorso attraverso la stanza è
scandito da una traccia audio per ogni sosta davanti a un dipinto. La voce
paterna compone, per accumulo di flussi di coscienza frammentari, una sorta di
discorso libero sui temi del rapporto tra individuo e spazio abitato, giungendo
a conclusioni più prossime all’impermanenza zen che al comandamento occidentale
secondo cui un uomo ha il diritto/dovere di marcare il proprio territorio. You shouldn’t be attached to your home. You
shouldn’t be attached to your apartment.
Il risultato è un’esperienza
fruitiva che ricorda gli ultimi radiodrammi di Samuel Beckett, a metà fra l’opera teatrale e l’installazione
sonora, e soprattutto a Krapp’s last tale
per la suggestione del bilancio esistenziale di un uomo anziano.

Si tratta di un’operazione
sicuramente interessante, in quanto l’autosufficienza degli oggetti ritratti è
un presupposto ontologico della poetica del realismo americano: il soggetto
nella sua cruda, inquietante essenza. Iva Kontic, invece, ritiene utile un
surplus di discorso ed evocazione.

Iva Kontic - An urban story - 2010 - still da video - courtesy Osart Gallery, Milano
L’esposizione è completata da un
video molto interessante, parte della trilogia An Urban Story. Una flânerie
attraverso Brescia, tra ecomostri e palazzi fascisti che portano i fori delle
mitragliate della guerra civile, giganteschi mall “dove un tempo erano tutti campi” come nuove agorà e
quartieri-ghetto per immigrati. Si gira in automobile attraverso la città e la
voce narrante racconta aneddoti della memoria personale e collettiva. C’è una
corrispondenza formale e contenutistica con le opere di A place of…: in ogni caso la poetica di Iva Kontic si concentra
sul rapporto contradditorio tra uomini e luoghi, combattuto tra le polarità
della corrispondenza d’amorosi sensi della nostalgia e l’oppressione dell’inerzia;
in ogni caso si deve procedere per flash e giustapposizioni, come ogni volta si
attraversi un territorio sentimentale.

alessandro
ronchi

mostra visitata il 12 gennaio 2011


dal 14
dicembre 2010 al 15 febbraio 2011

Iva
Kontic – A place of…

Osart
Gallery

Via Fogazzaro, 11 (zona Rotonda della
Besana) – 20135 Milano

Orario:
da lunedì a venerdì ore 14.30-19; sabato, domenica e mattine su appuntamento

Ingresso
libero

Info:
tel. +39 0254075553; fax +39 025513826; info@osartgallery.com;
www.osartgallery.com

[exibart]

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