Provenienti dalla scena artistica di Houston, Texas, le opere di Mancuso, Cucullu, Perez, Fleming e Kelly sono esposte per la prima volta in Italia in una mostra collettiva.
Joe Mancuso (1954) utilizza una palette di colori ristretta a bianchi, grigi, neri e tonalità mutuate dal rosso. Affascinato dall’utilizzo di frammenti di materiali industriali o poveri, sceglie spesso una tecnica mista con colori a base di lattice su carta da giornale. Come in Cathedral, dove usa un rosa misto a grigio ottenendo l’effetto di un mosaico, da cui prende forma la sagoma di una cattedrale stilizzata, evidente citazione da Roy Lichtenstein.
Emilio Perez (1974) dipinge vortici che sembrano un’esplosione di energia. Sovrappone strati di colore ad una base di bianco e ad una di acrilico nero. Intagliando e “pelando” i vari livelli di colore, crea i tratti senza dare pennellate, ottenendo un effetto collage. Le figure astratte così ottenute non hanno una forma definita, ma comprendono molteplici dettagli e immagini in continuo movimento. Perez esprime la libertà nei confronti della forma, riflettendo l’andamento disarticolato e dinamico dell’improvvisazione jazzistica con uno stile quasi “graffitaro” e fumettistico.
Un geometrismo formalistico è, invece, alla base della produzione di Robert W. Kelly (n.1956). Le sue opere sono state paragonate a Rothko per la comune spiritualità, l’ispirazione matematico-geometrica e le campiture uniformi piatte e liquide. Qualcosa di arcano richiama le apparizioni diafane su sfondi colorati e la sintesi che “avvolge lo spettatore in un’aura meditativa”. I tratti curvilinei degli assemblaggi di carta, disegno e pittura su tela creano evocative forme archetipiche.
Santiago Cucullu (1969), conosciuto per i suoi murales contaminati da influenze ispano-americane e da romantico idealismo politico, presenta due disegni che esprimono una dimensione più intima mantenendo un tratto naif. Nel suo stile solo in parte figurativo, fonde memorie collettive ed autobiografiche, come in una giustapposizione di frammenti di storie diverse, sovrapposizione di momenti non consequenziali. Le immagini raccontano una storia ma sono astratte dal tempo, assumendo una valenza quasi simbolica. Nei wall paintings come nei suoi disegni si riconosce “una relazione non gerarchica tra i segmenti della composizione” che riflette il modo accidentale in cui ci imbattiamo in quotidiane “sacche di informazione”.
Allo stesso modo Paul Fleming (1973), con i suoi interventi minimali e seriali, esprime il casuale misto al regolare, esplorando il rapporto ordine-caos. Le sue sculture in hydrocal sono costituite da forme primarie che esprimono la ripetizione programmata ma allo stesso tempo anche la casualità che sfugge alla ragione umana. Le disposizioni ricordano le variazioni modulari dei neon di Flavin, o le installazioni a terra a cerchio di Long, mentre i cromatismi riportano alle variazioni di ritmo e colore di Albers.
francesca ricci
mostra visitata il 16 febbraio 2005
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