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07
aprile 2009
fino all’8.IV.2009 Paolo Radi / Roberto Rizzo Milano, Fondazione Zappettini
milano
Pittura, scultura, tridimensionalità, monocromie, prassi e concetti. Che riportano la pittura italiana dalla forma del linguaggio alla visione del pensiero. Una doppia personale che parla di abbandoni della materia e di fughe dalla verosimiglianza...
di Ginevra Bria
Alla Fondazione Zappettini, nella sede retrostante via Torino, è in corso un’atipica doppia personale. I protagonisti sono due pittori dai tratti inconciliabili, due artisti che creano manufatti senza apparente connessione.
Dalle proprie opere, Paolo Radi (Roma, 1966) elimina i contorni, lasciando tracce di forma. A parete compaiono veri e propri dubbi formali. Definizioni astratte. Nuvole verticali. Veli tesati e intrisi nel legno, nel pvc, nella carta oppure nel silicone. Quel che si osserva è materia indefinibile, in apparenza retro-illuminata, abbagliante, perché fatta di luce; superficie che rimanda altrove, con grande insistenza. Grazie alla capacità dilatatoria del bianco e dei colori neutri, come il rosa e l’oro, queste campiture appena accennate affiorano dalla superficie, senza alcuna misura, ma dotate di apparente rigore.
Attraverso l’utilizzo di materiali opachi e allo stesso tempo semi-trasparenti, Radi ricrea nei suoi dipinti-scultura uno spazio delicato, rarefatto e decisamente mentale. I lavori, esposti come sindoni dall’aria fragile, cambiano forma mantenendo costantemente in bilico la percezione visiva tra concreto e immateriale. Quest’effetto baluginante crea attorno allo “spazio pittorico” una geometria d’intervento che chiunque guardi deve modificare a ogni passaggio.
È difficile capire, dalle opere alla Fondazione Zappettini, quanto questa serie di lavori sia in grado di produrre senso o, al contrario, di provocare la sensazione di sbando percettivo. Sta di fatto che, dopo alcuni minuti di osservazione, l’occhio è portato con naturalezza ad alleggerirsi e a disperdersi, senza alcuna pretesa speculativa.
Nel dialogo di Radi, in galleria s’inserisce Roberto Rizzo (Cernusco sul Naviglio, Milano, 1967; vive a Milano). La sua cifra pittorica consiste nella pratica trasformatrice che cambia le cose. In quella prassi quasi artigiana che manipola l’essere in favore del proprio, inevitabile divenire. Il concetto di pittura portato avanti da Rizzo è un ricorso metodico alla stasi sprigionata da linearità e ritmo.
C’è un ulteriore elemento che non può essere trascurato: la presenza, non assoluta ma prevalente, di un’interruzione, una sospensione della superficie che si divide pertanto in due parti. Un intervento, questo, che non vuole avere la drammaticità della lacerazione, e nemmeno la programmata ripartizione del dittico. L’interrompere la continuità del piano ha la funzione di creare un’apertura, una soglia che permette di attraversare il quadro non solo orizzontalmente, ma anche verticalmente.
Il vuoto che s’inserisce nello spazio della pittura non è da intendersi solo come un’uscita dalla sua unitarietà, ma anche un’ideale escursione oltre il suo fondo. Quell’improvvisa assenza della superficie non ha, infatti, il carattere di un vuoto generico, ma di un’assenza determinata, che deriva da un preciso atto di sottrazione.
Dalle proprie opere, Paolo Radi (Roma, 1966) elimina i contorni, lasciando tracce di forma. A parete compaiono veri e propri dubbi formali. Definizioni astratte. Nuvole verticali. Veli tesati e intrisi nel legno, nel pvc, nella carta oppure nel silicone. Quel che si osserva è materia indefinibile, in apparenza retro-illuminata, abbagliante, perché fatta di luce; superficie che rimanda altrove, con grande insistenza. Grazie alla capacità dilatatoria del bianco e dei colori neutri, come il rosa e l’oro, queste campiture appena accennate affiorano dalla superficie, senza alcuna misura, ma dotate di apparente rigore.
Attraverso l’utilizzo di materiali opachi e allo stesso tempo semi-trasparenti, Radi ricrea nei suoi dipinti-scultura uno spazio delicato, rarefatto e decisamente mentale. I lavori, esposti come sindoni dall’aria fragile, cambiano forma mantenendo costantemente in bilico la percezione visiva tra concreto e immateriale. Quest’effetto baluginante crea attorno allo “spazio pittorico” una geometria d’intervento che chiunque guardi deve modificare a ogni passaggio.
È difficile capire, dalle opere alla Fondazione Zappettini, quanto questa serie di lavori sia in grado di produrre senso o, al contrario, di provocare la sensazione di sbando percettivo. Sta di fatto che, dopo alcuni minuti di osservazione, l’occhio è portato con naturalezza ad alleggerirsi e a disperdersi, senza alcuna pretesa speculativa.
Nel dialogo di Radi, in galleria s’inserisce Roberto Rizzo (Cernusco sul Naviglio, Milano, 1967; vive a Milano). La sua cifra pittorica consiste nella pratica trasformatrice che cambia le cose. In quella prassi quasi artigiana che manipola l’essere in favore del proprio, inevitabile divenire. Il concetto di pittura portato avanti da Rizzo è un ricorso metodico alla stasi sprigionata da linearità e ritmo.
C’è un ulteriore elemento che non può essere trascurato: la presenza, non assoluta ma prevalente, di un’interruzione, una sospensione della superficie che si divide pertanto in due parti. Un intervento, questo, che non vuole avere la drammaticità della lacerazione, e nemmeno la programmata ripartizione del dittico. L’interrompere la continuità del piano ha la funzione di creare un’apertura, una soglia che permette di attraversare il quadro non solo orizzontalmente, ma anche verticalmente.
Il vuoto che s’inserisce nello spazio della pittura non è da intendersi solo come un’uscita dalla sua unitarietà, ma anche un’ideale escursione oltre il suo fondo. Quell’improvvisa assenza della superficie non ha, infatti, il carattere di un vuoto generico, ma di un’assenza determinata, che deriva da un preciso atto di sottrazione.
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ginevra bria
mostra visitata il 5 marzo 2009
dal 5 marzo all’otto aprile 2009
Paolo Radi / Roberto Rizzo
Fondazione Zappettini per l’Arte Contemporanea
Via Nerino, 3 (zona via Torino) – 20123 Milano
Orario: da lunedì a venerdì ore 15–19
Ingresso libero
Catalogo con un testo di Alberto Rigoni
Info: tel. +39 0289281179; milano@fondazionezappetini.org; wwwfondazionezappettini.org
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