Alessandro Pessoli (Cervia, Ravenna, 1963; vive a Milano) non è nuovo allo Studio Guenzani, anche se è la prima volta che espone nell’intimità dello spazio di via Melzo. Se già nel 2000, con la sua
Pesci freddi meravigliosi nuotano nella mia testa, l’artista romagnolo aveva tappezzato le pareti della galleria con circa 500 disegni e l’aveva popolata con diverse sculture, questa volta presenta il proprio lavoro in una formazione decisamente più asciutta.
L’impressione, quando si entra nella stanza che ospita
Bucaneve testa che piange e sorride la mia faccia a Marzo, è un po’ di essere a una veglia. Solo tre opere – due dipinti e una scultura – che, già dal nome della mostra, una sorta di somma dei tre titoli, si intuiscono connesse tra loro. Al centro, un corpo in maiolica sezionato in varie parti e senza braccia (
Bucaneve, 2008), sta sull’unico tavolo. Sulle pareti, un ritratto dell’artista con il viso lacerato da uno sfregio nero che lo oscura (
La mia faccia a Marzo, 2008) e un volto che piange e sorride allo stesso tempo (
Testa che piange e sorride, 2008).
Quest’ultima figura, l’unica effettivamente caratterizzata da lineamenti umani, sembra essere al contempo triste e gioiosa.
Forse, visti gli elementi arborei che talora Pessoli inserisce nei suoi dipinti e nelle sue sculture, il sorriso è dovuto a un ricongiungimento con la natura. A ogni modo, lo stelo che emerge dal cranio dell’artista in
La mia faccia a Marzo è di un arancione piuttosto innaturale, reso ancor più distaccato dall’incarnato del protagonista, perché realizzato con stencil e spray.
Pessoli varia molto con i materiali: la sua pittura è passata per la tempera, la candeggina, gli smalti e lo spray, mentre le sue sculture e installazioni spaziano dal legno al metallo fino alla maiolica. Nonostante la sperimentazione, il disegno e la sensualità del tratto rimangono comunque costanti nel suo lavoro.
Bucaneve, l’opera più ambigua tra quelle esposte, è lucida e policroma. La figura, oltre a essere priva di arti, ha alcune piante, sempre in maiolica, che crescono attorno alle gambe mutilate. La testa è un grottesco e sottoproporzionato moncherino. Non si capisce se il corpo venga esibito, come durante un’autopsia, oppure celebrato.
Il linguaggio di Pessoli è colorato, morbido, misterioso, a tratti grottesco, in una maniera che non lascia trasparire un’ironia derisoria per la condizione umana, piuttosto un distacco estatico e asciutto. Una quasi-psichedelia dove un corpo mutilato diventa una gelatina pastello e multicolore, come se fosse osservato da un extraterrestre. L’ineleganza di alcuni dettagli che sporcano gli elementi sacrali inseriti nei dipinti è un altro segno di un entusiasmo a un tempo cinico e affezionato, un po’ anarchico, per il proprio segno.
La stanza di Pessoli in via Melzo forse non è un santuario, forse è un obitorio. Ma che sia di morte o di vita che ci racconta, la visione ha un che di inquietante.
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più che inquietante è sublime
tagli da salotto
morimura hai rotto il cazzo! Basta non se ne può più di te
ne morimura..ma visto che sei così sapiente..colto..e grandioso/a perchè nn ce ne dai un saggio visto che ad ogni articolo ci sputi sopra..incarni proprio l'italiano medio che nn sa fare un ***** tranne che criticare.
morimura sei un grande invece non ascoltarli