Da qualche tempo impegnato nel tentativo di ridurre il mondo in fotocopia,
Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978; vive a Seriate) torna sui già indagati binomi copia/originale e realtà/finzione. Un’indagine forse in esaurimento, che cerca nuova linfa nell’aggiornamento dei suoi riferimenti.
Nelle serie
Posters presentata da Antonio Colombo, Mastrovito agisce in un’ottica di ricostruzione della locandina cinematografica, mettendo a frutto un evidente spirito
affichiste. La coverizzazione delle immagini promozionali di pellicole famose – da
Scarface a
300 – passa attraverso la sovrapposizione di carte veline colorate, come a soffocare il disegno sotto una stratificazione insistita. L’immagine diventa un substrato su cui viene ricamata progressivamente la sua profondità. I livelli di trasparenze dalla consistenza
onionskin vengono poi nuovamente livellati dalle riproduzioni dei lavori in velina, che assurgono a vere opere da esposizione.
Tra i poster remixati, l’imponente sagoma di Batman nel collage
Cavaliere oscuro, con il suo interessante effetto
papertiger, viene esposto alla stregua di un preparatorio o di un attrezzo di scena. Un approccio pop ortodosso, quello di Mastrovito, che lavora sulle icone e sui processi di metabolizzazione dei tormentoni, come conferma il playback grottesco del concerto di Wembley dei Queen di
Queen + Gbmms – A photocopied Concert.
Della recente esperienza newyorkese alla Foley Gallery, Mastrovito si trascina il materiale di lavoro – spilli e carta velina – e il modulo dell’A4 come struttura base da cui far germinare l’opera. Dopo aver esaurito le potenzialità espressive della superficie del foglio nella grande installazione alla Quadriennale di Roma, Mastrovito rivolta la carta e ne riconsidera lo spessore laterale.
L’ingresso di 1000eventi accoglie con una grande parete in carta dalla composizione modulare: 171.360 fogli impilati in nove colonne, su cui è tracciato a matita il trailer di
Shining di
Stanley Kubrick. Nell’equivalenza matematica che decide la grandezza della base dell’intervento grafico, Mastrovito pensa al foglio come a un fotogramma, che costruisce, nella sua relazione totale, il senso della pellicola.
Ad ampliare la passione infantile di scrivere sulle coste dei libri di scuola, come primo esperimento cinematografico dell’immagine in movimento, troviamo anche l’installazione
Dracula, che proietta riadattamenti e plagi cinematografici del libro di Bram Stroker su uno schermo ottenuto da 24 edizioni plurilingue del romanzo.
L’elemento tematico del regresso al cinema delle origini si condensa poi nel remake di
Frankenweenie di
Tim Burton. Presumibilmente contro l’assuefazione all’immagine digitale, Mastrovito recupera i rudimenti dell’arte cinematografica per una decostruzione in fotogrammi del cortometraggio, rimontandolo e ri-facendolo con una regia “manuale”.
Tra citazioni e omaggi, Mastrovito cerca di eguagliare le intuizioni meta-cinematografiche di chi il cinema lo ha fatto davvero per “mestiere”. Un po’ ambizioso nel confronto.