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03
dicembre 2007
fino all’8.XII.2007 Vera Lutter Milano, Cardi & Co.
milano
Vera Lutter colloca la vetusta camera oscura nella macchina del tempo. E la trasporta in una nuova dimensione, al di là delle coordinate fisiche. In qualche luogo nel tempo, a rappresentare spazi senza gravità...
Cosa diceva Kant, via il misterioso Longino, a proposito del sublime? È un sentimento che ci eccede per il suo infinitamente grande rispetto alla nostra piccolezza. Quella di Vera Lutter (Germania, 1960; vive a New York) è un’estetica dell’eccesso. Immagini fotografiche in negativo dalle dimensioni talora imponenti, che sortiscono l’effetto di un eterno presente trasfigurato. Radiografie che sembrano il correlato essenziale e non percepibile della stessa realtà fenomenica. Del resto, il già citato Kant diceva che la realtà colta indipendentemente dalle nostre modalità conoscitive -la realtà vista sub specie aeternitatis, diciamo- si può solo pensare.
Vera Lutter sembra pensare l’intima essenza di paesaggi urbani, vedute silvane, siti industriali sviluppando immagini in negativo attraverso l’uso di una camera oscura delle dimensioni di un container, prolungando il tempo d’esposizione per ore e giorni. Una personale tecnica che restituisce immagini rovesciate della realtà, come a scardinare i riferimenti spazio-temporali e la stessa consistenza fisica delle immagini reali. Il risultato è una visione spettrale e assolutamente impersonale, in apparente contrasto con la monumentalità delle scene e l’idea di eroismo dell’uomo edificatore delle più grandi ambizioni.
Cardi allestisce la personale di un’artista presente in contesti istituzionali (Whitney, Dia Foundation), gallerie private (Gagosian) e collezioni permanenti con opere dalle notevoli dimensioni -pannelli che talora superano i due metri- i cui unici colori sono il nero, il bianco e il grigio. Paesaggi familiari resi irreali. O, forse, contesti familiari ai quali è resa la loro stessa verità irreale. L’arredo costitutivo del mondo è essenzialmente composto di due enti naturali: le cose e le persone. Ma nei lavori di Lutter queste ultime sono del tutto assenti, forse proprio in quanto correlati ontici inutili in contesti che si vuole siano colti indipendentemente dalla modalità conoscitiva tradizionale.
Un dittico raffigura un paesaggio urbano desolato, con le automobili parcheggiate, la strada deserta, le rotaie del tram, dove il bianco sopravviene sul nero facendo pensare a una visione fantasmatica (Uferstrasse Basel). Mentre gli alberi sembrano una concrezione schiumosa che circonda il Palazzo della Secessione di Vienna in un altro dittico. A volte la consistenza diafana sembra lasciar posto a una consistenza metallica, sensazione suggestionata dal trittico di un paesaggio lunare, dove un sito industriale sembra galleggiare su una superficie acquosa (Eril Basin, Red Hook). Sensazione ripetuta dal bianco e dal nero addirittura abbaglianti di Battersea Power Station e nell’immagine spettrale di un gruppo di edifici bianchissimi che brillano come ghiaccio su un cielo nero.
Il risultato non è -e forse non vuole essere- il semplice spaesamento, ma il voler cogliere l’intimità nascosta della realtà, la più fisica e monumentale, proponendone un’immagine opposta non semplicemente dal punto di vista della percezione sensibile ma realizzandone il negativo, per dir così, noumenico.
Vera Lutter sembra pensare l’intima essenza di paesaggi urbani, vedute silvane, siti industriali sviluppando immagini in negativo attraverso l’uso di una camera oscura delle dimensioni di un container, prolungando il tempo d’esposizione per ore e giorni. Una personale tecnica che restituisce immagini rovesciate della realtà, come a scardinare i riferimenti spazio-temporali e la stessa consistenza fisica delle immagini reali. Il risultato è una visione spettrale e assolutamente impersonale, in apparente contrasto con la monumentalità delle scene e l’idea di eroismo dell’uomo edificatore delle più grandi ambizioni.
Cardi allestisce la personale di un’artista presente in contesti istituzionali (Whitney, Dia Foundation), gallerie private (Gagosian) e collezioni permanenti con opere dalle notevoli dimensioni -pannelli che talora superano i due metri- i cui unici colori sono il nero, il bianco e il grigio. Paesaggi familiari resi irreali. O, forse, contesti familiari ai quali è resa la loro stessa verità irreale. L’arredo costitutivo del mondo è essenzialmente composto di due enti naturali: le cose e le persone. Ma nei lavori di Lutter queste ultime sono del tutto assenti, forse proprio in quanto correlati ontici inutili in contesti che si vuole siano colti indipendentemente dalla modalità conoscitiva tradizionale.
Un dittico raffigura un paesaggio urbano desolato, con le automobili parcheggiate, la strada deserta, le rotaie del tram, dove il bianco sopravviene sul nero facendo pensare a una visione fantasmatica (Uferstrasse Basel). Mentre gli alberi sembrano una concrezione schiumosa che circonda il Palazzo della Secessione di Vienna in un altro dittico. A volte la consistenza diafana sembra lasciar posto a una consistenza metallica, sensazione suggestionata dal trittico di un paesaggio lunare, dove un sito industriale sembra galleggiare su una superficie acquosa (Eril Basin, Red Hook). Sensazione ripetuta dal bianco e dal nero addirittura abbaglianti di Battersea Power Station e nell’immagine spettrale di un gruppo di edifici bianchissimi che brillano come ghiaccio su un cielo nero.
Il risultato non è -e forse non vuole essere- il semplice spaesamento, ma il voler cogliere l’intimità nascosta della realtà, la più fisica e monumentale, proponendone un’immagine opposta non semplicemente dal punto di vista della percezione sensibile ma realizzandone il negativo, per dir così, noumenico.
emanuele beluffi
mostra visitata il 22 novembre 2007
dal 4 novembre all’otto dicembre 2007
Vera Lutter
Galleria Cardi & Co.
Corso di Porta Nuova, 38 – 20121 Milano
Orario: da lunedì pomeriggio a sabato ore 10.30-13.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0262690945; fax +39 0262694016; info@galleriacardi.com; www.galleriacardi.com [exibart]