Carlo Zanni (La Spezia, 1975; vive a Milano e New York) è prima di tutto
un pittore paesaggista. Solo a una lettura superficiale della sua opera tale
definizione risulta impropria. Osservando, tuttavia, i suoi primi lavori, la suddetta
trova una conferma: sono pitture di paesaggi del tutto particolari.
Landscape/Dtp
Bliss (2003) è da considerarsi un piccolo capolavoro della sua iniziale attività. La
rappresentazione inscena un paesaggio, proprio come il titolo lascia presagire:
una verde collina che si staglia su un cielo azzurro. Il problema è che tale
collina non è verde, così come il cielo dietro di essa non è azzurro,
semplicemente perché entrambi non esistono. Trattasi, infatti, della
riproduzione a olio di una tra le prime immagini disponibili per decorare lo
schermo del desktop targato Microsoft Windows, un paesaggio
del tutto fittizio.
Questo piccolo
esempio potrebbe ritenersi una sorta di biglietto da visita della sua ricerca
artistica: Zanni è un pittore che, invece di servirsi di tele e pennelli, usa
dati e algoritmi reperiti dalla rete per rappresentare virtuali panoramiche
della nostra contemporanea società. Talune “vedute” possono esser visivamente
più esplicite, come la serie
eBay
Landscape (2004), o più sottili, come
My
Temporary Visiting Position From The Sunset Terrace Bar (2007); l’importante è che non
sono mai banali. Ciò vale anche per il suo ultimo progetto,
Flying False
Colors (The
Sixth Day) (2009).
L’installazione colpisce, intanto,
per la sua innegabile complessità. Una sofisticata struttura disposta sul
pavimento trova come compimento verticale un’insolita bandiera che, oltre a
sventolare in una stanza dall’aria immota, a intervalli irregolari cambia
addirittura inclinazione. Compito non facile, va detto, riconoscere in essa l’
Ecology
Flag ideata nel
1969 dall’artista
Ron Cobb. Altrettanto arduo comprendere la relazione fra
quest’ultima e i nomi di importanti capitali internazionali che si susseguono
proiettati a parete.
La domanda sorge spontanea: dove
sarebbe il paesaggio? Qui Zanni concretizza visivamente la panoramica fornita
dai dati raccolti in tempo reale dalla Joint Oil Data Initiative, istituzione
fondata nel 2001 per valutare la quantità di petrolio richiesto ogni mese dai
maggiori consumatori mondiali di oro nero. Sono tali algoritmi, trasformati in
vento, a muovere la bandiera, che diviene quindi un vettore che ruota in una
determinata direzione, permanendo in tale posizione per un numero variabile di
secondi, rispecchiando così la richiesta di petrolio di un determinato paese e
le condizioni meteo della sua capitale.
Proprio come il simbolo che
campeggia sulla bandiera, fusione grafica delle lettere E e O – che stanno
rispettivamente per ‘enviroment’ e ‘organism’ -,
Flying False Colors (The Sixth Day) è una sorta di cartina di
tornasole in continuo mutamento che rispecchia il fragile equilibrio
dell’organismo uomo e delle sue smodate necessità energetiche. In un ambiente,
l’intero nostro pianeta, sull’orlo del tracollo.