Non è il tema, ma il modo in cui lo spazio espositivo viene occupato e utilizzato e ancora di più come il pubblico può essere chiamato a interagire con le opere e con la ricerca degli artisti a esse sottesa a costituire l’ossatura e a suggerire gli interrogativi a cui cerca di rispondere la mostra collettiva curata da Lorenzo Madaro che ha aperto il 2018 della Galleria Bianconi di Milano, visitabile fino a oggi ancora per poche ore. La chiusura di “To keep the bay” è l’occasione di un bilancio, per il curatore, per un progetto espositivo ambizioso e coinvolgente, certamente riuscito, che confronta differenti medium e sperimentazioni tecniche spesso discorsi – scultura e arazzo, pittura e installazione – condotte da un gruppo di sei artisti nati tra gli anni Settanta e gli Ottanta che si distinguono da certa superficialità commerciale banalmente dominante per il rigore formale e la profondità della percezione, in una gamma di possibilità che si muove dall’immagine fino al suo azzeramento totale, dal minimalismo a una polisemia ironica, dal bricolage alla tecnologia. Stefano Canto, Daniele D’Acquisto, Elena El Asmar, Andrea Magaraggia, Luigi Massari e Davide Mancini Zanchi “costruiscono, ribaltano e decostruiscono – annota Madaro – frammenti di realtà, recuperando forme, percezioni e progettualità da sconfinati repertori”, producendo l’effetto di mappare “un arcipelago in cui i generi si mescolano”. In un vertiginoso gioco di ribaltamento che sa di paradosso, l’invito a mantenere le distanze suggerito dalla locuzione inglese usata come titolo si rivela praticabile solo nel suo contrario, ovvero nell’attitudine curiosa di ricercare una prossimità dialogante con le opere presentate, che spesso prediligono i grandi formati e le dimensioni imponenti quasi nel tentativo di forzare i limiti stessi della fruizione da galleria, in una fame d’aria di ambizione museale.
To keep at bay, Galleria Bianconi, Milano
La sollecitazione a pensare in grande viene dallo stesso curatore che già nel precedente progetto “Spazi igroscopici” pensato per lo stesso contenitore aveva stupito con una personalissima concezione del discorso spaziale, in quel caso declinato attraverso opere su carta di artisti storicizzati come Sol Lewitt, David Tremlett, Pietro Consagra, Fausto Melotti, Hidetoshi Nagasawa, messi accanto a nomi meno noti e giovani. Libera da ogni intento illustrativo o didascalico e scevra dalla tentazione di voler dimostrare una tesi, la nuova collettiva immaginata da Madaro – che segue i sei artisti da tempo entrando con sguardo critico negli studi per osservare da vicino il work in progress – è un felice paradosso di convivenze forzate che nella dialettica ossimorica vede schiudere direzioni di lettura imprevedibili, seguendo campi di forze contrastanti. È una mostra di interlocuzioni, insomma, che propone disuguaglianze per dialogare. “Il percorso diviene così policentrico – conclude il curatore – rivelando un allestimento di analogie, inciampi, vuoti, progettualità e scoperte inattese”. Una riflessione totale, dunque, sulla prossemica di una mostra, per misurare le distanze non solo tra opere e pubblico, ma anche tra le opere stesse, inedite o ripensate appositamente per la galleria, che a volte dialogano e a volte si scontrano, occupando in modo vivo gli spazi, aggettando o ritraendosi di volta in volta, come una partitura mobile e vibratile.
Francesco Paolo Del Re
To keep at bay
Galleria Bianconi: via Lecco 20, Milano.
www.galleriabianconi.com – +39 02.22.22.83.36