28 novembre 2001

Una casa di 2000 anni fa nel centro di Milano

 
Nuove scoperte e nuovi spazi per l'archeologia. La Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia svela i segreti della ricerca e porta alla luce la vita quotidiana dei camuni...

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L’attività scientifica delle Soprintendenze è generalmente un sapere che non si diffonde se non negli esiti, ed è quindi altamente apprezzabile l’intento del Soprintendente Angelo Maria Ardovino e della Fondazione Cariplo di promuovere anche la conoscenza dei processi. Con modalità di accesso estremamente semplice, il visitatore interessato può accostarsi contemporaneamente ai resti materiali ma apprendere anche le fasi del ritrovamento, della conservazione e dell’analisi di questi delicatissimi reperti.
Una piccola mostra nei nuovi spazi ricavati dalla cripta della chiesa di Santa Maria della Vittoria, nel cuore di Porta Ticinese, presenta i risultati dei lavori di scavo condotti a Pescarzo, una frazione di Capo di Ponte in Valcamonica. Nel 1995 una eccezionale scoperta ha portato alla luce un edificio databile tra il II e il I secolo a.C., conservato esattamente come era al momento dell’incendio che lo distrusse insieme ai suoi abitanti, una famiglia composta da madre, padre e due bambini.
La casa, nella sua semplicità, documenta quella fase di “romanizzazione” in cui la realtà insediativa indigena assimila la nuova cultura, come provato dalla presenza di frammenti di bicchieri in ceramica della prima metà del I secolo a.C.
Sorprendente poi è riscontrare, nelle tecniche edilizie, i modelli base delle case di montagna del nostro arco alpino: le fondamenta in pietra, la sopraelevazione in legno, le scaffalature degli interni, i depositi per gli attrezzi, gli ingressi preceduti da corridoi con funzione termica e difensiva.
Non mancano poi gli studi sulle cause della morte, sui legni combusti e bagnati, sulle colture e sui resti carpologici (semi e frutti), analisi indispensabili per ricostruire le abitudini alimentari, i commerci e, in generale, il grado di sviluppo di una civiltà.
Tavole illustrate riassumono tutti questi filoni di ricerca in sintesi chiare e attraenti e un piccolo testo a stampa riesce a comunicare il senso di queste operazioni anche ai visitatori più piccoli.

Gabriella Anedi


Una casa camuna del I sec. a.C., Cripta di S. Maria della Vittoria, spazio mostre
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia
Via E. de Amicis 11, 20123 Milano; ingresso libero; orario: lunedì – venerdì 10.00-17.00; come arrivare: autobus 94; tram 2, 3, 14; MM2 S. Ambrogio; per informazioni, prenotazioni, per conferenze e visite e richiesta di materiale: NUOVA CHOROS, tel. 329/9665460; e-mail: nuovachoros@libero.it


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5 Commenti

  1. Dialogando proprio ieri con un “tombarolo” ho cercato di fargli capire i danni scientifici ed economici che si fanno quando si sposta un reperto dal luogo dove è stato trovato. Il risultato? “Le regalo una cassetta di monete, bronzetti, materiali che ho scartato, sicuramente le piaceranno!”. Sconfortata, accolgo con piacere questa notizia. Ben venga chi fa capire alla gente che anche un piccolo seme carbonizzato è importantissimo per ricostruire il mondo antico e per trovare le radici del mondo moderno!

  2. Signora Sara, purtroppo, non sono solo i tombaroli a far dei danni: a volte gli stessi archeologi, che, in alcuni casi non si limitano a spostare di qualche metro i reperti, anzi fanno dei veri e proprii trasferimenti nelle di lor dimore: forse chissà un modo di preservare (in effetti per poi vederli ammucchiati nei depositi dei musei o rotti da incauti custodi…). Non so cosa sia peggiore.
    Per non parlare dell’usanza di professori universitari che si servono degli studenti come manovalanza, i quali, inesperti, provocano per forza disastri, a volte irrecuperabili.

  3. gentile signora Anna… ma che razza di archeologi ha mai conosciuto? In quale film li ha visti tutti questi archeologi che portano a casa loro tutto quel ben di dio?
    Gli studenti di archeologia, come quelli di medicina, o di biologia o di architettura fanno il loro dovere di studenti: cercano di imparare e, come tutti, forse qualche volta sbagliano; eppure non ho notizia di questi catastrofici danni che avrebbero causato al patrimonio archeologico dello Stato. Quanto al problema dei musei mi pare ovvio che non si possa esporre tutto quello che si trova sottoterra: non ci sarebbe lo spazio e non sarebbe neppure tanto utile. Ma spesso anche il reperto apparentemente più banale e meno adatto a essere esposto al grande pubblico può avere un significato scientifico inestimabile per lo studioso specialista. E allora è bene che i magazzini museali continuino a esistere e che i materiali recuperati continuino a essere accessibili e loquaci per gli studiosi in un polveroso deposito di Soprintendenza piuttosto che muti e inerti nella bacheca personale di qualche tombarolo.
    Coraggio… un po’ più di fiducia in questi poveri archeologi!
    Cordialmente

  4. Signora Laura Seragnoli,
    anzitutto le assicuro che credo nella sua buona fede e nella sua buona passione.
    Come ebbi a dire a Zak Manzi, la passione va premiata oltre ogni considerazione.
    E le dico questo perchè sono certo che non gradirà quanto sto per scriverle.
    L’unica frase davvero intelligente presente nel suo messaggio è questa: “spesso anche il reperto apparentemente più banale e meno adatto a essere esposto al grande pubblico può avere un significato scientifico inestimabile per lo studioso specialista”, il resto è leggerezza allo stato puro, senza per questo voler mancare di rispetto alla leggerezza o alla purezza.
    Intanto, mi permetta, ma anche se non mi permette è lo stesso, la locuzione “in quale film l’ha visto” è così volgare da annullare ogni altra considerazione seguente.
    Il patetico, invece, lo raggiunge quando chiama “poveri” con l’enfasi dottrinale riconoscibile solo nei conventi delle Carmelitane scalze, gli archeologi.
    Molti sono brave persone, molti altri invece sono dei disgustosi tombaroli legalizzati, spero lei non sia tra questi.
    E il fatto che lei non sappia di questo, dimostra che non conosce né i tombaroli, né gli archeologi, né l’essere umano.
    La nostra Anna ha detto delle grandi verità. Verità che può riconoscere solo chi la verità la cerca.
    Lei, invece, ha smesso di cercarla. Pensa di averla già raggiunta.
    Io firmo col mio nome il messaggio di Anna e lei, se davvero fosse una persona seria, risponderebbe ad Anna con altre parole, senza darle dell’ignorante o visionaria.
    Non so quali films vede lei, cara signora Laura, ma la verità è che lei fa di tutta un’erba un fascio.
    Il fascio non ha nulla di artistico, e l’erba la mangiano le pecore.
    Anna, certamente, ha detto delle belle cose.
    Se lei avesse mangiato meno insalata lo avrebbe anche capito.
    Ciao,

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