“L’unico possibile effetto che puoi avere sul mondo è attraverso idee impopolari!” Oggi ci ha salutato Vivienne Westwood, regina incontrastata della moda spiazzante, dirompente, sperimentale, libera, irridente, ovvero punk. Nata nel 1941 a Tintwistle in Inghilterra, scappata a Londra nel 1958 dove si nutre avidamente di una delle metropoli più irrequiete e disturbanti del secolo fino a quando nel 1971, apre insieme a Malcom McLaren, futuro manager dei Sex Pistols, il primo negozio Let’s Rock al 430 di King’s Road, centro di una vera e propria rivoluzione nel mondo della moda per il carattere innovativo, spregiudicato e politico del suo modo di guardare al progetto dell’abito e a una generazione alla ricerca di simboli e immaginari liberi, capaci di rappresentarla.
I nomi del negozio inseguono il carattere irrequieto della sua fondatrice, passando a “Toofast to live too young to die” a “Sedentaries” fino a “World’s end”. Con gli anni Settanta la Westwood dà forma a quello che oggi conosciamo come stile punk grazie a un uso sferzante e provocatorio che diventa forma vestita di una nuova generazione ribelle e divisa dei Sex Pistols grazie a un armamentario di borchie, spille, magliette strappate, maglioni bucati che aprono un mondo di materie, immagini e simboli che segneranno una generazione di giovani arrabbiati. Da quel momento il mondo visivo di Vivienne Westwood mescola immaginario punk alla rilettura di modelli storici del XVII secolo, spingendo ogni volta il limite oltre le aspettative e provocando per contenuti politici e sociali scomodi. La sua moda accompagna la moda britannica dal punk ai new romantic; il corsetto settecentesco diventa un capo di provocazione erotica e rilettura del concetto di genere in tempi non sospetti, basti pensare al kilt indossato dai Sex Pistols nei loro concerti.
L’azione dirompente, consapevole e politica della Westwood è una delle costanti nella sua azione creativa e produttiva mescolandosi ogni volta alla sua presenza in prima fila nelle battaglie più avanzate sui diritti civili. Questa è la sua vera eredità: la sua libertà e la consapevolezza che la moda è uno straordinario, universale, strumento politico e culturale! God save Vivienne!
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