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fashion_interviste Christian Lacroix
Moda
La luce di Arles, si sa, è da sempre stata l’ossigeno e l’ispirazione per artisti e geni inquieti. Se poi ci si trascorre l’intera infanzia, è quasi inevitabile che la memoria dei colori, dei profumi, del rosso delle corride, dell’incenso, dei pellegrinaggi dei gitani restino impressi per poi esplodere. È la memoria di Christian Lacroix, lo stilista dalle associazioni bizzarre e inattese, che rende sublime un abito da sera caricandolo come un’architettura barocca, che accosta il pois al tartan, il tweed alla seta, i fiori alle righe. Senza mai perdere di vista l’eleganza. Parigi e il Musée de la Mode et du Textile festeggiano i vent’anni dalla prima sfilata con una grande, splendida mostra. Lo stesso Lacroix la racconta a Exibart...
Non posso parlare di evoluzione. Sono sempre portato a riflettere sull’istante presente, sull’intuizione, seguo l’istinto più che la cosa giusta da fare nella moda, nel lavoro e nel piacere personale. Questi vent’anni sono l’occasione per sporgersi all’indietro e vedere il mio lavoro diviso in due periodi: dal 1987 al 1997 una ricerca orientata più sullo spazio, il tempo, la nostalgia, la storia, le arti, le tradizioni popolari di tutti i paesi e in tutte le epoche; un secondo periodo dal 1998 a oggi, dove emerge la volontà e il desiderio di ritrovarmi piuttosto qui e adesso, hic et nunc, nell’istante presente e nella contemporaneità. E il terzo periodo… Chissà?
Che importanza ha avuto per lei la richezza infinita dei suoi colori e l’architettura dell’abito?
Il colore non è solo il nutrimento e la fonte della vita che parla ai cinque sensi (il colore lo si può toccare, respirare, ascoltare, gustare e contemplare) ma anche l’origine delle forme, perché partecipa alla creazione dei volumi, dell’architettura di tutto quello che mi circonda e che amo.
Dal disegno alla creazione, dal défilé al teatro, e ora nelle sale di un museo. Quali sono stati i momenti fondamentali della sua carriera?
Ogni volta che mi lancio in un progetto “paradossale” ho l’impressione di respirare un ossigeno nuovo e di sentirmi al mondo. Provo a me stesso che la vita è meno riduttiva di quello che si pensa. Ma se parliamo di tappe fondamentali, beh, di sicuro la prima collezione è stata decisiva, il premio Molière nel 1996 per i costumi di Fedra alla Comedie Française, il mio primo TGV, il primo hotel. E ora, ovviamente, questa mostra.
Le sfilate da non dimenticare?
La prima, senza alcun dubbio. E poi l’estate 2000, molto più astratta e grafica. E ovviamente, come sempre, la prossima.
Lei è anche il curatore della mostra dello stilista Christian Lacroix. Come ha concepito la scelta degli abiti e l’allestimento?
Non volevo considerare gli ultimi vent’anni con una banale retrospettiva promozionale. Ho voluto piuttosto una leggera introspezione, incrociando alcuni modelli tra le quaranta stagioni dell’haute couture che ho realizzato e una larga selezione di abiti di varie epoche presenti nella collezione del Musée des Arts Decoratifs. Tutto ciò grazie a una stretta collaborazione con Olivier Saillard, co-curatore della mostra, con cui collaboro da anni. Da tempo abbiamo in mente di mettere in luce il fondo tessile del Museo della Moda e di studiare il ritorno cronologico delle mode. Diverse decine di modelli della Maison Lacroix scelti da Olivier -io non ne sarei stato in grado- sono presentati su manichini di cui ho disegnato la testa, il profilo e il collo lungo, cercando di rimanere fedele allo spirito dei miei bozzetti. I miei abiti sono accostati ai tesori del museo, presentati come sfondo su stand per abiti. Una soluzione scelta per conservare la loro storicità, ma in una chiave iper-contemporanea. Mi sono inoltre permesso di mescolare i miei abiti con altri pezzi delle collezioni storiche per creare delle silhouette di fantasia: un sampling più che un patchwork. La scenografia di Jean-Michel Bertin riflette questa necessità di chiarezza quasi clinica per mettere in valore la linea, l’opulenza e la “conversazione” tra gli abiti antichi del museo e quelli moderni della mia collezione attraverso vari temi che mi sono a cuore: il bianco, il nero, lo storicismo, l’esotismo, la liturgia.
Come ha potuto trovare la distanza necessaria del curatore rispetto alle sue creazioni?
La selezione sui modelli scelti è stata ancora una volta istintiva, affettiva e storica. Ho scelto i modelli che mi avevano ispirato o che conoscevo già e che mi sembravano avere uno charme e una forza superiori. Ho evitato pezzi troppo celebri, troppo visti, cercando di privilegiare piuttosto i tesori anonimi o sconosciuti, come quelli dello stilista degli anni ‘20 Main Rousseau Bocher, a cui è dedicata l’ultima sezione della mostra.
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a cura di Christian Lacroix e Olivier Saillard
Musée de la mode et du textile
107, rue de Rivoli – 75001 Paris
Orario: da martedì a venerdì ore 11-18; giovedì ore 11-21; sabato e domenica 10-18
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6,50
Info: tel. +33 0144555750; www.lesartsdecoratifs.fr
[exibart]