Cosa ricordate degli inizi, del periodo Gattinoni?
Sylvio Giardina Giorno dopo giorno imparavamo un lavoro. Dopo tanta teoria scolastica, per la prima volta mettevamo in pratica quello che sarebbe stato il nostro mestiere. Fernanda Gattinoni poi era una grande donna -un’esistenza spesa nella moda- e ci raccontava delle dive del passato che aveva avuto l’onore di conoscere e dei suoi viaggi, da Parigi al Medio Oriente, per i quali partiva con le valige piene di abiti, tornando sempre a mani vuote, solo dopo averli venduti tutti, compresi i suoi!
Quanto conta secondo voi la preparazione scolastico-accademica in un settore come quello della moda?
S.G. Personalmente, avendo frequentato l’accademia, ho avuto una preparazione soprattutto teorica: storia del teatro, storia del costume, storia della moda, una base comunque fondamentale per affrontare questo mondo. Tuttavia, è solo quando si entra in un laboratorio, in un atelier, che si conosce sul serio il lavoro. La collaborazione con gli stilisti per imparare il mestiere e iniziare a respirare l’aria di un atelier. È tutta un’altra cosa, ve lo assicuro! A volte credo che, se potessi tornare indietro, lo farei anch’io. Forse le scuole dovrebbero proiettare maggiormente il ragazzo direttamente nel mondo del lavoro.
Antonio Grimaldi Anch’io ho frequentato una scuola di moda ma, a differenza di Sylvio, molte delle mie lezioni erano tecniche: ore e ore di taglio e modellismo, grazie alle quali ho acquisito fin da subito una dimestichezza più immediata e concreta.
Come viene ripartito il lavoro all’interno del duo creativo?
A.G. e S.G. Ogni collezione o creazione viene discussa confrontandoci su quelle che sono le nostre aspettative. Ognuno poi apporta il proprio il proprio punto di vista stilistico e racconta la propria storia, finché questa non diventa un unico racconto, fatto di stoffa e ricami, un racconto che parla solo di noi. Sylvio si occupa di tutto ciò che riguarda la scelta e la lavorazione delle decorazioni da apportare sugli abiti, dal disegno all’elaborazione dei tessuti, spesso inventati proprio da lui: ricami a filo su pizzi leggerissimi, speciali mixage che vedono interagire e intarsiarsi più tessuti e lavorazioni. Una collezione per noi nasce infatti con il disegno del tessuto, poi viene tutto il resto. Antonio si occupa invece di tutta la parte sartoriale: la modellazione delle linee e l’apporto di quelle direttive generali che formano il vestito, facendo in modo che il taglio e l’abito sembrino nati da un unico corpo, quasi scolpito da un’unica stoffa.
Siete rinomati per la “regia” delle vostre sfilate: una sopra a tutte?
A.G. e S.G. Una collezione nasce non solo dal concepimento del tessuto, della linea e del decoro. In Grimaldi Giardina la collezione interagisce con una storia da raccontare. Importantissimo è il luogo in cui essa viene raccontata, così come tutte quelle suggestioni e quei simboli che possono rimandare al tema portante della collezione. Prendiamo l’ultima sfilata, ad esempio, che per noi ha un significato particolare, in quanto riassunto dei nostri primi dieci anni di carriera: il fil rouge è stato sicuramente la sacralità -crediamo fermamente nei santi che ci hanno protetto in tutti questi anni di lavoro- pertanto abbiamo scelto come location il complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, a due passi dalla basilica di San Pietro. Abbiamo poi concepito una scenografia che richiamasse la parata, la festa sacra e abbiamo portato da Salerno le luminarie della festa di paese, al centro il nostro simbolo, il cuore sacro.
Roma è stata scenario per molte delle vostre creazioni: qual è l’angolo, lo scorcio, la vista, il monumento che avete più a cuore nella città eterna? Perché?
A.G. Io passerei le ore davanti alla Fontana delle Tartarughe di piazza Mattei.
S.G. A me invece affascina tantissimo tutto quello che ha un forte legame con la storia rinascimentale e barocca della città: i palazzi, i dipinti, le sculture, ma non saprei proprio quale scegliere.
Roma vs Parigi
S.G. Io sono molto legato a entrambe le città. Che siano concorrenziali e rivali tra loro è di dominio comune: due grandi città che si contendono più di un primato. A Roma non verrà mai strappato quello di capitale dell’arte e della storia, ma Parigi resta indiscutibilmente la capitale dello stile. Nonostante Roma si stia muovendo sui binari giusti, portando alcune grandi firme sulle sue passerelle, Parigi resta la regina: con quell’attenzione tutta sua per gli eventi-moda, sicuramente più “seria” e sincera, meno mondana. La moda a Parigi viene vissuta come un lavoro e al contempo come una forma d’arte che deve godere del massimo rispetto. Roma spesso ne fraintende lo spirito, trasformandola in un fenomeno meramente mondano.
A.G. Sono assolutamente d’accordo con Sylvio, anche se non nascondo che mi piacerebbe un giorno poter dire che Roma è degna del nome di Parigi. La nostra città ha tutte le carte in regola per diventarlo, si tratta solo di fare uno sforzo maggiore. Abbiamo tutto: artisti e location ideali affinché una sfilata diventi un vero e proprio evento d’arte.
Come vi rapportate alle “nuove” città della moda? Cosa ne pensate del proliferare di fashion week in ogni dove?
A.G. e S.G. Siamo decisamente aperti rispetto alle nuove città in cui la moda sta acquisendo un ruolo dominante e non nascondiamo che sarebbe molto bello poter sfilare nelle fashion week di altri Paesi. Ma dopo le belle parole sul vero spirito della moda -motore della nostra azienda- dobbiamo comunque dire che sfilare è uno sforzo creativo ed economico incredibile per ciascuno stilista. Portare la moda fuori dai propri confini non è facile. Chissà, magari un giorno…
Grimaldi Giardina e il cinema.
S.G. L’esperienza vissuta per Senso 45 insieme ad Anna Galiena è stata indimenticabile. Seguire la costumistica di un film dall’inizio alla fine è molto emozionante, come vivere una doppia vita: l’atelier e il set. Lo rifarei e… lo rifaremo!
A.G. e S.G. Con la sensibilità e l’attenzione che abbiamo nei confronti delle nuove tendenze e del mercato. Questo aiuta a far sì che il nostro lavoro sia un prodotto di un certo livello, ma non avulso dal mondo, piuttosto una parte integrante di esso. Elegante, raffinato e leggero, proprio come può essere un bene di lusso che si integra perfettamente con la realtà.
La nascita della linea di prêt-à-porter vuole rispondere anche a quest’esigenza? Quali le motivazioni?
A.G. e S.G. È chiaro che il prêt-à-porter è un mezzo per portare il marchio all’attenzione di un pubblico più ampio. Tuttavia il prodotto e il suo confezionamento restano curati e, in qualche modo, esclusivi, riservati a quelle donne che scelgono di essere raffinate anche nella vita quotidiana, indossando un capi semplici, sobri ed estremamente raffinati.
Tanti brand si associano al cuore. Il vostro ha molto a che vedere con quello degli ex-voto. Come vivete la dimensione del sacro, la spiritualità, la religione?
A.G. e S.G. Proprio così, il “nostro” cuore è un ex-voto per ringraziare gli angeli e i santi che ci hanno protetto negli anni, in questo lungo cammino professionale nell’alta moda. Il rimando, poi, ha una valenza molto forte anche nel nostro privato: tutto risale a una donazione che abbiamo fatto anni fa alla Madonna Addolorata di un piccolo paese dell’entroterra siciliano, un simbolico viaggio per donare un fazzoletto di pizzo in cui era intarsiato un cuore trafitto. Il Sacro cuore di Gesù. Da lì è nato tutto…
L’alta moda in un aggettivo.
A.G. e S.G. Libertà.
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www.grimaldigiardina.it
a cura di marzia fossati
[exibart]
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