Hai iniziato come designer di calzature…
Sì, ho iniziato nel 1992 come consulente, disegnando soprattutto scarpe per vari marchi, tra cui Irregular, Alfredo Bannister, Ritsukko Shirahama e Yohi Yamamoto.
Che rapporto hai ora con Yohji Yamamoto?
Ho un profondo rispetto per Yohji Yamamoto, ma in questo momento ci muoviamo in due direzioni completamente diverse… Per il momento non abbiamo nessuna forma di collaborazione all’attivo.
È uno stile di vita. Alcuni musicisti affermano di percepire lo spirito del rock attraverso i miei abiti. Personalmente non vado pazzo per la musica rock: per me il rock è un atteggiamento aggressivo, rivolto verso qualcosa di potente.
Come simbolo, un teschio: perché?
Attribuisco al teschio un significato piuttosto positivo. Non lo ritengo un simbolo rock o qualcosa di simile. La mia idea di fondo è che l’essenza della gente sia nelle ossa, alla nascita come alla morte. Sulle ossa ci sono sangue, pelle, esperienza, ricordi e naturalmente anche vestiti. In questo senso utilizzo il teschio come simbolo del mio messaggio: “Vivi felice, divertendoti. Altrimenti la fine arriverà velocemente”.
Cosa ne pensi dello stile made-in-italy?
È uno stile che apprezzo molto. Di classe, sexy, senza tempo. Certo, non troverei interessante limitarmi a copiare questo stile senza aggiungere qualcosa di personale: preferisco sempre apportare un tocco “giapponese” alla tradizione del made-in-italy.
Aprirai un flagship-store anche in Italia?
Sì, mi piacerebbe molto proporre il nostro stile di grande tendenza anche in Italia. Sarà possibile realizzare questo progetto al momento opportuno, magari con il supporto di un partner che condivida il nostro stile.
Sperimenti con materiali e tecniche differenti. Qual è il capo di cui sei più fiero?
È difficile individuare un singolo pezzo. In generale, però, ritengo che nell’abbigliamento maschile esistano regole piuttosto rigide e difficili da cambiare. I capi Roen risultano così innovativi proprio perché ho cercato di modificare queste regole. Certo, non le ho drasticamente sovvertite: mi sono piuttosto limitato a modifiche basate su calcoli precisi, allo scopo di creare un’immagine cool e al tempo stesso ben equilibrata.
La mia collezione per il prossimo autunno/inverno rappresenta una ulteriore tappa nell’evoluzione dell’estetica rock. Blouson e lunghi trench in pelliccia, cappotti di piume nere. Motivi tartan e rombi argyle per uno stile un po’ british. Il pezzo più insolito? Un portamonete sferico, costellato di punte metalliche, da agganciare alla cintura con una catena in metallo brunito.
Guardando ancora oltre, all’estate 2009?
Per la mia ultima collezione ho guardato alla Miami degli anni ‘70 e ai suoi resort. Lini e garze per un realismo casual. Al posto della passerella istituzionale ho preferito ricreare una situazione di vita vera, un tableau vivant in cui i modelli agivano liberamente, mangiando, bevendo, suonando, parlando, vivendo. Sempre animati da un’immancabile rock attitude.
I tuoi party sono sempre molto cool. Pensi che la night-life sia un buon contesto per parlare di moda?
No, le feste non sono il luogo ideale per parlare di moda. La vita notturna è l’ambiente ideale per persone che cercano qualcosa di nuovo e interessante. In questo senso mi piacerebbe creare capi che siano perfetti da indossare nella vita notturna, piuttosto che durante il giorno. Posso aggiungere che il mio lavoro consiste nell’offrire a queste persone le cose che istintivamente ricercano.
Chi stimi tra gli altri stilisti?
A dir la verità, avrei tanto voluto essere un pittore, non un designer. La mia massima ammirazione è per le opere di Marc Chagall.
a cura di marzia fossati
[exibart]
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