La casa editrice di Franco Maria Ricci dedicò a Roberto Capucci, 30 anni fa, un volume della collana “Luxe, calme et volupté”, una serie di volumi che analizzavano il mondo della moda tramite le opere degli stilisti più influenti del Ventesimo secolo. È proprio dal desiderio di voler celebrare questa ricorrenza che nasce questa mostra, curata dalla Fondazione Roberto Capucci e dalla Fondazione Maria Ricci in collaborazione con Sylvia Ferino.
Considerato da molti un genio della moda, amato in Italia ma non solo, racchiude nelle sue creazioni dialoghi diversi, avvicinandosi al mondo delle sculture creando delle vere e proprie opere d’arte. Difficile da inserire in una sola categoria, definire Capucci “stilista” è riduttivo per tenere conto di tutte le sue sfaccettature.
È il 1950 quando apre il suo primo atelier in Via Sistina, iniziando a farsi conoscere e amare anche all’estero, dove in particolare trova un grande entusiasmo da parte della critica francese e pone le basi per il suo successo, diventando successivamente uno dei protagonisti della storia della moda italiana. Due anni dopo si terrà la prima sfilata alla Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze e a Roma. È in questi anni che successivamente nascerà la linea a scatola, rendendolo famoso a livello internazionale. Tale notorietà gli permise di vestire icone femminili di grande importanza come Marylin Monroe, Gloria Swanson, Jacqueline Kennedy, Elsa Martinelli, Irene Brin, Rita Levi Montalcini che sfilerà con un suo abito per ritirare il Premio Nobel per la Medicina nel 1986 e Silvana Mangano per il film “Teorema” sotto richiesta di Pierpaolo Pasolini.
Come riportato sul sito della Fondazione Roberto Capucci, il suo primo viaggio in India intorno agli anni ’70, sarà fondamentale per le sue creazioni: il colore diventa il protagonista, in tutte le sue sfumature, abiti simili a sculture che permangono nel tempo, scatenando in chi le guarda emozioni che solamente le grandi opere artistiche sanno fare. Proprio come disse Capucci stesso: «Metto il colore anche dove non si vede. Non lo vede nessuno, ma io so che c’è», quasi come a sottolineare quanto esso sia linfa vitale e protagonista della propria arte.
La fonte d’ispirazione per le sue creazioni fu principalmente la natura, a partire dalle storie di Ovidio delle Metamorfosi, scoprendo personaggi come Dafne, trasformata in albero di alloro per sfuggire a un amore non ricambiato. È con questi abiti che nasce “Seriche armature”, tramite i quali è possibile ritrovare e riscoprire vari di questi personaggi mitologici. Abiti senza età, contraddistinti da una continua ricerca formale e cromatica e dall’utilizzo di vari materiali tra i più svariati, dalle sete a quelli più semplici quali rafia e o paglia, nel tentativo di raggiungere nuove espressioni della bellezza pura.
Collezioni come “Farfalle e Cerchi” o “Variazioni nel Verde e Colore”, riscoprono alcune forme del mondo animale e accostamenti cromatici audaci e innovativi, le quali avanzano le basi del suo operato nel mondo della moda e dell’arte, risultato di un lavoro meticoloso.
Per capire al meglio il processo artistico che è alla base dei lavori di Capucci, sarebbe giusto studiarne gli schizzi preparatori, alcuni dei quali saranno esposti in mostra. Così anche Sylva Ferino, curatrice della mostra, omaggia il maestro sintetizzandone la sua complessità ammettendo che chi indossa una sua creazione diventa protagonista e regista egli stesso della medesima scena, scena che rassomiglia alle feste rinascimentali e barocche, allestite in onore dei principi famosi; affermando anche che Capucci non può essere considerato “solo” un creatore di moda, ma anche regista, architetto e forse anche drammaturgo, poiché i suoi abiti ricordano un po’ l’epoca cerimoniale e di corte, dettando i vari caratteri e ruoli delle donne che li portano.
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