I tuoi lavori scelgono come spazio privilegiato la strada, le vie di Parigi, Bruxelles, Londra, Barcellona, Montréal, come scegli gli spazi di azione?
Le mie azioni non sono mai improvvise, solitamente cammino nella città, faccio dei veri e propri sopralluoghi in cui valuto la posizione, il supporto, la tranquillità e il feeling con lo spazio. Per le superfici non ho necessità particolari, anche se preferisco luoghi molto sporchi e vissuti, come i cantieri, che hanno il vantaggio di essere piu’ protetti dalla vista della polizia. Fondamentale è anche la questione temporale, devo calcare bene l’ora e il momento in cui intervenire, ad esempio negli spazi commerciali il momento migliore è la domenica, quando solitamente sono chiusi.
I tuoi graffiti non sono eseguiti con lo spray, ma con il pennello e colori acrilici.
Il pennello nonostante implichi un lavoro piu’ lento ha dei vantaggi enormi: è adatto a tutti i supporti anche a quelli non lisci, quindi non necessita di una base di preparazione, inoltre grazie ai colori ad acrilico ottengo dei risultati più brillanti…La mia pratica artistica ha a che fare con la pittura, così una parte importante del mio lavoro si svolge a casa, è il momento in cui sperimento e faccio ricerca. Direi, infatti, che la spontaneità della strada agganciata alla riflessione “casalinga” è la combinazione necessaria per l’evoluzione del mio lavoro.
Il mondo del graffitismo e’ dominato dalla sfera maschile, le tue Poupées, maliziose e ammiccanti, tentano di sedurlo?
Fortunatamente le mie bambole seducono sia i ragazzi che le ragazze. La seduzione, la provocazione e la perturbazione riguarda tutti. Mi interessa provocare un sentimento e non lasciare soltanto un’immagine, sopratutto mi piacerebbe che chi le guarda avesse l’impressione che esistono.
Queste bambole sono le protagoniste assolute, quasi un tuo alter ego, manca anche qualsiasi riferimento spaziale…
All’inizio ho lavorato molto sull’autoritratto, ma progressivamente, pur rimanendo sempre una parte di me, mi sono aperta ad ogni forma di estetismo. La strada offre moltissime sollecitazioni visive e per catturare l’attenzione del pubblico occorre una forte espressività, i colori vivaci dello spazio di fondo e lo sguardo delle bambole, riescono a conquistarlo.
Io faccio pittura, quindi il fatto di lavorare in uno spazio chiuso non lo vivo come una costrizione, anzi mi permette di portare avanti la mia ricerca, confrontandomi con supporti nuovi e in spazi di interventi in cui comunque ho massima libertà. Senza questi presupposti non avrei accettato. Ad ogni modo, avendo scelto di non avere un altro lavoro con cui sostenere la mia attività di ricerca, talvolta è fondamentale prendere in carico degli obblighi e delle costrizioni che comunque risultano essere sempre stimolanti…
Hai individuato uno spazio a Milano dove ti piacerebbe intervenire?
Ogni città che ho visitato hanno una ipotetica superficie di azione, l’ultima volta che sono venuta a Milano è stata per lavorare nel negozio di Fornarina, in Corso di Porta Ticinese, sono rimasta affascinata da quella zona, soprattutto da un vicolo che dal negozio portava al mio Hotel, c’erano già altri interventi ed io ho lasciato una mia traccia…
Sei in contatto con altri graffitisti di Milano?
Conosco e sono in contatto con Microbo e Bo130; in generale il mondo dei graffitisti è una vera e propria rete, siamo costantemente in connessione, è una parte fondamentale del nostro lavoro…
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