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Talenti del design: i finalisti (anche italiani) dell’Lvmh Prize 2023
Moda
di Marco Marini
Aaron Esh, Bettter, Burc Akyol, Diotima, Luar, Magliano, Paolina Russo, Quira e Setchu. Sono loro i nove finalisti dell’Lvmh Prize 2023, competizione per giovani designer organizzata annualmente dal conglomerato del lusso francese Lvmh (proprietario di griffe del calibro di Louis Vuitton, Dior, Fendi, Givenchy, Bulgari e Guerlain, oltre che delle realtà più prestigiose del mondo wine, da Moët & Chandon a Hennessy passando per Dom Pérignon, Ruinart, Veuve Clicquot, Krug).
Luca Magliano e Veronica Leoni, unici italiani in gara, sono arrivati all’ultimo step del contest con i brand – rispettivamente – Magliano e Quira. A competere per la vittoria finale sarà anche il marchio rivelazione del 2023, secondo la piattaforma e-commerce Lyst, ovvero Luar, dell’americano Raul Lopez.
A raggiungere la semifinale, andata in scena il 2 e 3 marzo a Parigi, sono stati 22 talenti emergenti del settore, selezionati tra 2.400 candidati. I nove aspiranti vincitori presenteranno i loro progetti alla giuria, in occasione della finale che si svolgerà a giugno alla Fondation Louis Vuitton, avveniristico edificio immerso nel verde del Bois de Boulogne, opera del decano del decostruttivismo architettonico Frank Gehry. A decretare il vincitore del premio principale, nonché del Karl Lagerfeld prize, saranno nove stilisti, direttori creativi delle maison di punta del gruppo transalpino, Jonathan Anderson, Maria Grazia Chiuri, Nicolas Ghesquière, Marc Jacobs, Kim Jones, Nigo, Stella McCartney, Silvia Venturini Fendi, affiancati dai manager Delphine Arnault, Jean-Paul Claverie e Sidney Toledano.
«La semifinale della decima edizione del premio ha evidenziato una grande maturità nell’approccio e nel lavoro dei designer. La diversità culturale, la celebrazione dell’artigianato tradizionale e l’audacia creativa definiscono questa selezione», ha commentato Delphine Arnault, dallo scorso gennaio Ceo di Louis Vuitton. «Naturalmente, i finalisti sono pienamente impegnati nell’affrontare le questioni ambientali e giocano con i confini tra abbigliamento maschile e femminile. La loro competenza, creatività e unicità e il loro impegno mi hanno davvero colpito. Desidero ringraziare tutti gli esperti per il loro entusiasmo, il loro coinvolgimento e l’attenzione che hanno dedicato alla scoperta e alla valutazione del lavoro degli stilisti che hanno partecipato alla semifinale. Siamo ansiosi di vedere i nove finalisti».
La competizione si annuncia quest’anno particolarmente equilibrata, tra collezioni menswear, womenswear e unisex, firmate da una schiera di promettenti new names, a cominciare dal 34enne Burc Akyol, figlio di un sarto turco, formatosi all’Institut Français de la Mode e passato per gli atelier di marchi quali Dior, Balenciaga e Ungaro, alla guida dal 2019 dell’etichetta di demi-couture che porta il suo nome, un concentrato di stilemi retrò e futuristici al tempo stesso, rigorosamente gender fluid.
Arriva invece da Londra Aaron Esh, 32 anni, laureato al blasonato Central Saint Martins; lo scorso anno ha lanciato il brand eponimo, con cui rilegge i capisaldi del guardaroba pour homme in maniera decisa, quasi sovversiva e con estrema attenzione al dettaglio. C’è anchi chi, come Julie Pelipas, ha deciso di lasciare un incarico di grande prestigio, qual è la direzione di Vogue Ukraine, per concentrarsi su Bettter, linea di prêt-à-porter femminile avviata nel 2019, un mix di tropi sartoriali, tecniche d’avanguardia e upcycling, che ha riscosso diversi consensi per l’incisività delle creazioni e le proporzioni bold delle silhouette.
Ha fondato da pochissimo (solo due anni fa) la propria label anche la canadese Paolina Russo (tra le finaliste del Woolmark Prize 2023), che insieme a Lucile Guilmard propone un knitwear sagomato, aderente, da moderna superwoman.
Sugli scudi, nell’edizione 2023 del contest, ci sono poi il giapponese Satoshi Kuwata (il focus di Setchu, griffe agender nata nel 2020, è un blend di maglieria ricercata, capi da scherma ed evergreen – rivisitati – dell’abbigliamento uomo e donna) e Rachel Scott; quest’ultima, giamaicana, ha studiato all’Istituto Marangoni per poi fondare Diotima, con cui propugna un’estetica bohémien, integrando nel processo produttivo tecniche artigianali tipiche dei Caraibi, dal macramè all’uncinetto. Per non parlare del nome più noto – perlomeno al pubblico degli addetti ai lavori – nella rosa dei nove, il già citato Lopez, newyorchese 36enne di origini dominicane, co-founder di una delle prime realtà di luxury streetwear, Hood By Air, che cavalcando l’onda del successo della borsa Ana, accessorio di punta del “suo” Luar, complemento ideale di un vestiario a metà tra il gothic chic e il teatrale, si è imposto dal 2017 in poi come uno degli astri nascenti della moda a stelle e strisce.
Il Belpaese, come detto, è rappresentato da Magliano e Leone; il primo, bolognese, autodidatta, dopo la vittoria del concorso Who is On Next?, nel 2017, si è affermato come uno dei designer da seguire nel pur affollatissimo panorama fashion milanese, grazie al suo menswear sui generis, che glorifica l’immaginario della sterminata provincia nostrana, i suoi archetipi e topoi vestimentari a colpi di decostruzioni, tagli inusuali, intrecci e manipolazioni tessili. La seconda, romana, un passato negli uffici stile di Jil Sander, Celine e Moncler, con Quira (nome che omaggia la nonna sarta, Quirina) amalgama efficacemente volumi geometrici e sartorialità, gusto minimal ed essenzialità, tagli che hanno poco da invidiare alla couture e cura maniacale del prodotto, sempre e comunque ricercato e avant-garde.
Il vincitore riceverà un premio di 300mila euro, mentre il premio Karl Lagerfeld dà diritto a un importo pari alle metà della somma; al riconoscimento economico, poi, si accompagna un anno di mentoring all’interno del gruppo Lvmh. Non resta che attendere il prossimo 7 giugno, data in cui saranno svelati i nomi di due creativi destinati, con ogni probabilità, a farsi largo ulteriormente nel fashion system.