Si chiude in questi giorni Valentino RE-SIGNIFY, la brand experience pensata da Pierpaolo Piccioli per gli spazi del T-10 DI SKP South di Pechino.
In questo secondo capitolo Valentino ha portato al centro della conversazione alcuni dei segni distintivi del brand: la Couture, lâAtelier, sulla famosa Stud e il la VLogo Signature. Non solo, è entrata in gioco anche lâinterpretazione contemporanea e inclusiva di Valentino Beauty.
La mostra, curata da Mariuccia Casadio e Jacopo Bedussi, diventa unâesperienza multimediale in grado di celebrare il mito di Valentino. Gli abiti in mostra, affiancati da opere di visual artist quali Cao Fei, Xu Zhen, Gioele Amaro, Robert Muller, Liu Shiyuan, Cheng Ran, Shen Xin, Xu Wenkai, AMKK, Jonas Mekas, Yeesookyung, Nick Knight, Jacopo Benassi, Pajama, Robert Del Nasa, Wu Rui e Alessandro Teoldi.
La novitĂ di questo approccio, iniziato con il primo capitolo della campagna di risignificazione a Shanghai, mette in luce il collegamento fra tutti gli elementi in mostra â non univoco o analitico ma percettibile e leggibile.
Gli abiti in mostra â arrivati dagli archivi della Maison â si mettono quindi in discussione in questa struttura espositiva sperimentale e innovativa.
Fotografia, cinema e arte si uniscono ai pezzi dâarchivio di Piccioli portando allo spettatore unâesperienza diversa, coinvolgente tanto quanto allâavanguardia.
Abbiamo quindi chiesto a uno dei curatori, Jacopo Bedussi, come ha deciso di approcciare la curatela di questo evento.
ÂŤPartiamo sempre da Valentino. Scegliamo degli elementi fondamentali nel lavoro e nella storia di Pierpaolo come direttore creativo, elementi che a volte nelle sue mani sono giĂ stati risignificati (penso al V Logo ad esempio, nato negli anni â70 come segno grafico e poi nel tempo trasformatosi in elemento tridimensionale) e li facciamo a pezzi. Per questo secondo capitolo abbiamo lavorato sul V Logo, sulla Stud, sulle collezioni Atelier e sulla personale idea di Couture che ha Piccioli. Dopodichè ogni elemento viene fatto a pezzi e smontato nelle sue caratteristiche minime: una borchia è una piramide, unâarchitettura basilare, è una superficie dorata e riflettente, è geometrica etc. etc. Raccolti questi segni minimi iniziamo la ricerca nel mondo dellâarte cercando artisti e opere che lavorano o insistono su quei segni, producendo output ovviamente personali e diversissimi rispetto agli elementi di Valentino da cui siamo partiti. Ma è proprio nelle relazioni tra queste ricerche ed esplorazioni diverse che moda e arte possono amplificarsi a vicenda e in un certo senso far emergere percorsi e connessioni che non vengono spiegati al visitatore, perchĂŠ non sono consequenziali e narrativi ma puramente evocativi, ed è proprio il visitatore che grazie alla propria sensibilitĂ e al proprio background può mettere insieme i pezzi, produrre una propria lettura. Noi in un certo senso offriamo solo delle possibilitĂ , delle ipotesiÂť.
Valentino RE-SIGNIFY affianca arte e moda in un contesto nuovo che pone delle domande importanti sul futuro di collaborazioni cosĂŹ innovative.
Al tema dellâintersezionalitĂ fra opere e abiti si aggiunge anche quello della cittĂ . La cittĂ tiene insieme ordine e caos e nutre la comunitĂ portandola verso un futuro di decostruzione e riassemblamento dellâesistente.
Oltre lo SKP South è possibile vedere Pechino, una città complessa e vastissima, che si interseca in questa commistione di mondi partecipando attivamente alla rivoluzione.
ÂŤIl rapporto tra moda e arte è antico. Quello che cambia è il modo in cui questi due sistemi possono comunicare e collaborare. Il presupposto condiviso che sta alla base del progetto RE-SIGNIFY, che Pierpaolo Piccioli cita spesso anche in altre occasioni come lo show HC Valentino Des Ateliers, e in cui io e Mariuccia Casadio crediamo fermamente, è la ferma convinzione che lâarte e la moda siano due cose diverse e non sovrapponibili. Sono entrambe espressioni autoriali che però vivono in sistemi di riferimento differenti. Questo naturalmente non significa che non possano dialogare, e anche alimentarsi a vicenda nella proposta di approcci e visioni possibili su temi che invece possono essere comuni, ma indagati sempre allâinterno dei limiti dellâuno o dellâaltro sistema. Ă forse vero che per molto tempo la moda ha avuto una sorta di complesso di inferioritĂ nei confronti dellâarte, e questo è da evitare. Ma se, come nel nostro caso, la moda ha consapevolezza della propria dignitĂ autoriale e della propria forza creativa, allora si può confrontare liberamente con lâarte, producendo uno scambio virtuoso. Mi auguro che nel futuro le collaborazioni si basino sempre di piĂš su questo tipo di approccioÂť.
La riflessione di Bedussi sul futuro di queste collaborazione fa ben sperare su questo tipo di eventi che riusciranno a moltiplicare le possibilitĂ non solo di innovare ma anche di conoscere e approfondire il legame fin troppo importante fra il mondo dellâarte e quello della moda.
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