Dal 2019 Andreas Fogarasi (Vienna, Austria, 1977) indaga i processi delle trasformazioni urbane con la serie “Nine Buildings, Stripped”, dedita a svestire edifici cittadini abbandonati da frammenti di materiali superficiali, ritagliati in maniera estremamente chirurgica. Per la sua prima mostra personale da Quartz Studio a Torino, chiamata informalmente dall’artista “Turin Stripped”, Andreas Fogarasi osserva il territorio del capoluogo piemontese e crea cinque installazioni scultoree site-specific che diventano veri e propri ritratti astratti di alcuni degli edifici che più di altri hanno catturato la sua attenzione. I suoi “pacchi di materiali”, legati insieme da fasce di ferro, diventano una sorta di resoconto di quei luoghi storici inattivi in attesa di essere valorizzati o che presto non esisteranno più, perché in via di demolizione.
La Cavallerizza Reale di Torino è un esempio: progettata a metà del Settecento dall’architetto Benedetto Alfieri per i cavalli della corte reale è diventata nel 2014 un contenitore culturale autogestito per poi essere nuovamente abbandonata in seguito ad un incendio doloso. Andreas Fogarasi dedica un’opera a questo luogo, ponendo una trave bruciata come una scultura verticale nello spazio espositivo.
La pratica artistica di Fogarasi ricorda la serie “Building cuts” operata negli anni Settanta dall’anarchitetto e artista Gordon Matta-Clark (New York, USA, 1943-1978), celebre per aver ritagliato intere sezioni di edifici. Potremmo considerare Fogarasi il suo erede spirituale, nonostante la sua ricerca sia caratterizzata da uno spiccato gusto estetico. L’artista austriaco ritaglia una finestra industriale dal vetro retinato, una imponente grata di ferro ormai ossidata e qualche piastrella dalle Officine Grandi Motori e altri edifici, con questi materiali che singolarmente appaiono come vecchi pezzi di scarto, crea una composizione geometrica esteticamente armoniosa ed elegante che riconduce alla dimensione pittorica. Fogarasi coniuga architettura, design e belle arti con la ricerca sociologica urbana della realtà che lo circonda. Analizza quei luoghi dimenticati e ne racconta la loro storia, senza tralasciare una critica alle strutture del sistema economico, politico, culturale e sociologico.
Altre tre installazioni sono composte da una porta, alcune piastrelle finemente decorate, un’antica carta da parati, un’anta di legno e un sedile di un tram, provenienti da appartamenti privati anche grazie alla collaborazione con il noto restauratore e architetto Antonio Rava.
La mostra presenta una sesta opera, una fotografia del Centro Congressi Regione Piemonte di Corso Stati Uniti, progettato dall’architetto Amedeo Albertini negli anni Settanta del Novecento. Il grande complesso è in fase di demolizione per essere rimpiazzato da appartamenti di lusso. Questo edificio aveva destato un forte interesse da parte dell’artista che però, giunto in loco a smantellamento avanzato, non ha potuto che scattarne una fotografia con lo smartphone. L’immagine narra tra le righe questa vicenda e senza nascondere un velo di delusione è stata stampata esattamente nel formato dello schermo dell’apparecchio da cui ha scattato la fotografia. L’edizione fotografica sarà disponibile per supportare lo spazio no profit indipendente Quartz Studio, che da quasi dieci anni si impegna a supportare la ricerca degli artisti contemporanei.
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