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‘Agile/Fragile’: Rosy Rox all’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen
Arti performative
di redazione
La mostra personale di Rosy Rox (Napoli, 1976) “Agile/Fragile”, a cura di Adriana Rispoli, all’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen (fino al 4 novembre) «Si snoda lungo un percorso diacronico che mette in evidenza il processo artistico che, con determinazione, coerenza e consapevolezza, ha accompagnato la ricerca di in ambito performativo», ha spiegato l’istituzione. In questa occasione, lo scorso 11 ottobre, è stata presentata Ad Occhi Aperti (2022), l’ultima performance in ordine cronologico dell’artista, concepita appositamente per gli spazi del Museum Ovartaci di Aarhus.
«La mostra comprende fotografie, video e sculture dei progetti performativi realizzati dall’artista negli ultimi dieci anni a partire da Monumento di Passaggio, passando per Frammento Archetipo e Il Dono, fino a comprendere l’ultimissima performance Ad Occhi Aperti (2022) concepita appositamente per gli spazi del Museo Ovartaci di Aarhus, le cui opere sono attualmente parte della mostra Il Latte dei Sogni 59 Biennale di Venezia».
«L’idea di questa mostra – ha dichiarato Raffaello Barbieri, Direttore IIC Copenaghen – è nata ad aprile quando è stata inaugurata la Biennale di Venezia del 2022. La scelta del tema di quest’anno, “The Milk of Dreams” della curatrice, Cecilia Alemani, ha origine dall’artista surrealista britannico-messicana Leonora Carrington le cui opere sono in mostra all’Arken Museum, non lontano dall’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen, proprio in questi giorni.
Cecilia Alemani ha concentrato la sua ricerca principalmente su artisti non allineati o dimenticati o sconosciuti e, tra questi ha scelto Ovartaci, artista danese poco conosciuto all’estero e con un’esistenza drammatica. Nel Padiglione Centrale è stata dedicata a Ovartaci un’intera sala con un allestimento sorprendente.
Ad aprile il Museo Ovartaci di Aarhus ha contattato l’Istituto per chiedere supporto per la mostra su “Ovartaci i Venedig” (fino al 23 ottobre) che stavano organizzando contemporaneamente alla Biennale. L’istituto ha accettato l’idea con entusiasmo e da lì è iniziata una proficua collaborazione. Sempre in quell’occasione è nata anche l’idea di legare il nome di Ovartaci alla Giornata del Contemporaneo che si sta svolgendo in questi giorni in Italia e all’estero.
Nasce così il progetto “Agile/Fragile” che espone le opere di Rosy Rox, un’artista italiana la cui poetica, incentrata sull’emersione del disagio psichico e sull’espressione della diversità, è molto vicina alle tematiche affrontate da Ovartaci. Le due tappe di Aarhus, l’11 ottobre al Museo Ovartaci, dove Rosy Rox ha dato vita a una performance artistica di grande profondità emotiva, e il 13 ottobre all’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen, dove è aperta una personale visitabile fino al 12 novembre, hanno riscosso un ottimo successo, sia per il pubblico presente sia per il consenso sull’opera.
Possiamo essere soddisfatti dei risultati raggiunti. La Biennale ha finalmente acceso i riflettori su un artista ancora poco conosciuto grazie a uno sforzo congiunto in Danimarca e Italia. Questo è il compito di un Istituto Italiano di Cultura: valorizzare i punti di contatto tra le culture dei due Paesi».
Il percorso espositivo
«Il titolo della mostra trae spunto dall’ultimo lavoro realizzato da Rosy Rox durante la pandemia che ha attanagliato il pianeta, trovando proprio in Italia il primo drammatico esempio europeo. AGILE è la protesta di un’artista che normalmente si nutre del rapporto con il pubblico e che trova, nella solitudine della sua casa, un sarcastico sfogo nel gioco semantico della cassa, unico teatro disponibile in tempo di forzata reclusione, per testimoniare la condizione della donna e dell’artista: FRAGILE», ha raccontato l’istituzione.
«È sull’impervio terreno della psiche che si incrociano le storie dell’artista napoletana con quelle di Ovartaci, artista di origini danesi il cui percorso biografico e creativo si è sviluppato interamente all’interno delle mura di un ospedale psichiatrico. Un senso profondo di malinconia accomuna la poetica delle due artiste lontane per epoca, contesto e linguaggio e pur inscindibilmente vicine nel tentativo di superare, attraverso la forza generatrice della creatività, le catene imposte dalla società, tanto metaforiche quanto reali. Alla follia – presunta – e alla possibilità di rigenerazione è infatti dedicato l’ultimo lavoro performativo di Rosy Rox Ad occhi aperti, il cui universo concettuale e iconografico si intreccia con quello di Ovartaci».
«Da sempre il lavoro di Rosy Rox si concentra su tematiche legate all’identità femminile, a partire dal proprio vissuto racconta il suo mondo interiore, i suoi desideri, attraverso l’utilizzo del corpo che diventa oggetto di contemplazione estetica e di riflessione filosofica: un corpo sinergicamente immerso nello spazio, che emana energie secondo campi empatici, un dispositivo cognitivo, prima di tutto per sé stessa, ma che deflagra in contatto con il pubblico.
Fragilità e resistenza sono i poli opposti e complementari entro cui si muove la pratica performativa di Rosy Rox che si inserisce in una lunga storia di tradizione femminista dalla body art alla performance partecipativa con un latente intento politico. In un percorso solitario quanto universale, l’artista grida al mondo i diritti delle donne che continuano a portare il peso della discriminazione o delle costrizioni politiche e sociali. Sempre in biblico tra l’eroico e l’eretico, tra la morte e la rinascita, la sacralità dello spirito e la profanità del corpo, il suo linguaggio si nutre di un immaginario realistico quanto onirico trasfigurando recondite paure, traumi, frustrazioni e rinascite in un teatro simbolico alla ricerca di un’emancipazione attraverso la libertà dell’arte».
Rosy Rox
«Rosy Rox è un’artista visiva nata a Napoli nel 1976, dove vive e lavora. Scultura, installazione e performance sono i principali linguaggi utilizzati nella sua ricerca artistica. Dal 2011 lavora al progetto partecipativo in progress “Il Dono” che con il coinvolgimento di realtà sociali differenti, coniuga ed elabora il rapporto tra vissuto e arte.
Nel 2012 ha vinto il premio Un’opera per il Castello con cui ha realizzato l’opera permanente Tempo Interiore, riattivando nella sua personalissima visione l’antico orologio della Piazza d’Armi del Castel Sant’Elmo di Napoli restituendogli un tempo non convenzionale che cortocircuita passato, presente e futuro.
I suoi lavori sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private tra cui: Museo Madre, Napoli; Fondazione VAF-Germania; PaBAAC, Mibac-Italia; Museum Biedermann, Germania, Collection Alain Servais, Belgio, Sana Quisisarni New York, Ernesto Esposito, Napoli.
Tra le ultime performance e mostre si ricordano Language is a virus, Istituto Italiano di cultura C.M Lerici Stoccolma; il Dono – si mostra in quanto si dona, Museo Madre, Napoli (2018); La pelle dell’immagine, Traffic Gallery, Bergamo (2016); Frammento archetipo, Tenuta dello Scompiglio, Lucca (2016); Monumento di passaggio, scala monumentale Montesanto, Quartier Intelligente. Napoli (2015); Con-Tatto interiore, Byblos Art Hotel | Villa Amistà Verona e Reggia di Carditello (2015/16); La Robe, Museo MADRE, Napoli (2012), Please return to you, CIAC Centro Internazionale per l’Arte contemporanea, Roma (2012); Mi infrangerò nella tua sentenza, StadtGalerie Kiel, Kiel (2012)».