Dal 1 giugno al 1 ottobre 2023, la Sala Zanardelli del Vittoriano a Roma ospita la mostra BRONZO E ORO. Roma, Papa Innocenzo III: racconto immersivo di un capolavoro a cura di Alessandro Tomei. L’esposizione ha come oggetto d’interesse un prezioso manufatto di oreficeria, di età medievale, in bronzo dorato, conservato nel Museo Nazionale del Palazzo di Venezia: la lunetta della Nicchia dei Palli.
L’opera rappresenta una delle più importanti testimonianze artistiche giunte sino ai nostri giorni sulla figura di papa Innocenzo III (1198-1216) e costituisce un prezioso tassello del grande patrimonio di età medievale presente nell’antica basilica vaticana, andato poi in gran parte perduto a seguito degli interventi di ristrutturazione effettuati a partire dal periodo rinascimentale, patrimonio di cui ci parlano essenzialmente fonti scritte e testimonianze grafiche. L’opera in mostra, databile al primo decennio del XIII secolo, dopo essere stata conservata per un lungo periodo nel Santuario di Santa Maria delle Grazie in Venturella a Capranica, confluì, nella seconda metà del secolo scorso, nella collezione del Museo del Palazzo di Venezia.
Il percorso espositivo prevede un articolato apparato iconografico corredato da pannelli che propongono approfondimenti sia sul piano storico che storico-artistico. Si tratta di una parte complementare rispetto all’esperienza della sala immersiva che, grazie al supporto di avanzate tecnologie di modellazione digitale 3D e realtà virtuale, restituisce, attraverso la proiezione sulle pareti e sul pavimento, l’aspetto dell’antica basilica di San Pietro dei tempi di Innocenzo III e dettagli ravvicinati della preziosa lunetta della Nicchia dei Palli di cui si può così apprezzare a pieno la raffinata fattura e il ricco apparato iconografico.
BRONZO E ORO è il primo di una serie di progetti espositivi ideati dalla direttrice del VIVE Edith Gabrielli, finalizzati a valorizzare e promuovere il notevole patrimonio artistico delle collezioni di Palazzo Venezia e del Vittoriano in linea coerente con l’articolato programma di ricerca e di divulgazione promosso a partire dall’apertura dell’Istituto avvenuto nel 2020. La programmazione prevede anche il coinvolgimento di opere attualmente non esposte al pubblico, conservate nei depositi, di recente sottoposte ad interventi di restauro e oggetto di ricerche condotte da specialisti, coadiuvati da giovani studiosi. «Considerato l’eccezionale afflusso di visitatori, nel VIVE e ancora più nel Vittoriano la qualità scientifica e l’alta fruibilità pubblica debbono andare d’accordo» afferma la direttrice Edith Gabrielli. «BRONZO E ORO curata da uno specialista come Alessandro Tomei, inaugura un’intera serie di mostre contrassegnate esattamente da queste due caratteristiche».
L’Istituto si è impegnato a mettere in campo considerevoli energie, per rendere fruibili al pubblico una serie di spazi destinati a ospitare un programma coordinato di mostre. La Sala Zanardelli del Vittoriano costituisce, in tal senso, un caso esemplare. Dopo significativi interventi di ristrutturazione, la Sala è ritornata accessibile dal mese di gennaio scorso in concomitanza con l’apertura della mostra Roma Silenziosa Bellezza, organizzata insieme a Webuild.
BRONZO E ORO si inserisce coerentemente nel progetto culturale-espositivo che il VIVE si è proposto dall’inizio di portare avanti, connotato dalla ricerca di un equilibrato rapporto tra l’aspetto scientifico dei temi prescelti e l’aspetto divulgativo che possa consentire al grande pubblico di accostarsi agevolmente a contenuti complessi. Il ricorso all’ausilio delle innovative tecnologie digitali concorre all’obiettivo di superare il tetto dei quattro milioni di visitatori nel primo anno, consente al
pubblico di osservare nei dettagli la complessa decorazione della lunetta della Nicchia dei Palli e di far rivivere qualcosa che oggi non esiste più, ovvero l’aspetto medievale di uno dei più importanti edifici cristiani di Roma, la basilica di San Pietro in Vaticano. La costruzione fu promossa, nel IV secolo, dall’imperatore Costantino in onore di uno dei principi degli Apostoli con l’intento di ricordarne la vicenda del martirio ma anche di celebrarne il sepolcro la cui ubicazione sotterranea sarebbe corrisposta alla soprastante area presbiteriale della basilica.
Perduta ogni traccia del primitivo edificio costantiniano, anche le testimonianze relative agli altri interventi di età medievale non sono più visibili, sia nell’impianto strutturale che relativamente ai cicli decorativi. All’interno di questa realtà medievale di San Pietro, rientrano gli interventi effettuati negli anni del pontificato di Innocenzo III. La mostra del VIVE permette di far riprendere corpo a questa importante fase della storia dell’edificio vaticano che tutti conoscono per lo più per i significativi interventi michelangioleschi e i progetti berniniani avvenuti nell’edificio dalla fase tardo-rinascimentale in avanti. La lunetta della Nicchia dei Palli, sulla quale è incentrata la mostra, è un’opera in bronzo dorato, con incisioni e inserti a smalto, lavorata su entrambi i lati. Sul recto della lamina sono presenti, a rilievo, le immagini di dodici profeti e dei dodici apostoli e, al centro, è rappresentato Cristo come Agnus Dei attorniato dai simboli del quattro Evangelisti. Sul verso, con un’esecuzione a incisione, sono raffigurate figure di vescovi inserite entro arcate su colonne e l’immagine di un pontefice e dello Spirito Santo sotto forma di colomba.
«La lunetta costituisce una preziosa testimonianza della decorazione perduta della San Pietro medievale. Nel corso dei lavori di riedificazione della basilica in età rinascimentale venne integralmente cancellato l’immenso patrimonio di opere d’arte che per più di un millennio erano state commissionate da papi, cardinali, re, principi, per rendere sempre più sontuoso il luogo dedicato al santo. Ne rimane parziale memoria nelle fonti grafiche e scritte e, nello svolgersi dei lavori, pochi frammenti di quelle opere si salvarono, a volte essendo trasferite nelle Grotte Vaticane, a volte acquisite da prelati che le trasferirono, per conservarle, nelle chiese di famiglia, anche fuori Roma» racconta il curatore Alessandro Tomei, noto studioso, già docente ordinario di Storia dell’arte medievale presso l’Università degli Studi di Chieti.
Realizzata da maestranze aggiornate sulla produzione limosina ma anche su quella renano-mosana, era in origine destinata alla basilica di San Pietro in Vaticano, dove si pensa coronasse la cosiddetta Nicchia dei Palli, ubicata all’interno della Confessio Sancti Petri sezione dell’edificio che fu ristrutturata proprio durante il pontificato di Innocenzo III. L’utilizzo della nicchia era funzionale alla conservazione dei palli, stole bianche decorate da croci nere che ancora oggi i papi, consegnano ai vescovi durante lo svolgimento di una solenne cerimonia di vestizione. L’opera è il fulcro intorno a cui la mostra intende ricostruire e narrare la figura di Innocenzo III. Si tratta di uno dei pontefici più importanti della Chiesa medievale, al quale si deve l’approvazione, nel 1209, della prima Regola di San Francesco. L’episodio è raccontato nella Legenda Maior da Bonaventura da Bagnoregio e rappresentato da Giotto, negli anni ‘90 del Duecento, in un affresco all’interno della Basilica superiore di San Francesco ad Assisi.
All’interno dei Gesta Innocentii sull’esempio dello schema del Liber Pontificalis, è riportato un articolato elenco di offerte e doni fatti da Innocenzo III indirizzati a diverse istituzioni religiose con sede a Roma e fuori dall’Urbe. Il papa è definito «munificus et studiosus» e ne viene sottolineata la generosità relativamente a «cultum et ornamentum ecclesiarium» consistente in rari tessuti e indumenti liturgici di porpora, importanti manufatti in argento, preziose croci e rilegature. In questo importante documento, dove viene citato il palazzo fatto erigere dal papa presso San Pietro, è invece piuttosto fugace la menzione del mosaico absidale che sostituì quello più antico paleocristiano.
Il mosaico innocenziano, non più visibile oggi nella basilica vaticana, ma probabilmente in essere fino al pieno Rinascimento, andò quasi totalmente perduto, a seguito della campagna di lavori degli anni ‘90 del Cinquecento. L’aspetto del ciclo musivo perduto è attestato da un disegno acquarellato presente nel cosiddetto Album di Giacomo Grimaldi (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. S. Pietro A64ter, f. 50r), eseguito in una fase immediatamente precedente alla distruzione dell’antica abside nel 1592. Questo ciclo rappresenta senza dubbio una delle opere più importanti volute da Innocenzo III di cui restano tre frammenti, non più in situ, e sostanzialmente non alterati quanto alla loro originaria fisionomia, raffiguranti rispettivamente i volti di Innocenzo III e quello dell’Ecclesia e l’immagine della fenice, e conservati, i primi due, nel Museo di Roma e il terzo nel Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco.
Progetti espositivi simili a quelli varati dal VIVE, che offrono, grazie alla tecnologia, modalità conoscitive che avvicinano il grande pubblico a temi storico-artistici complessi, forniscono al contempo l’opportunità di sollecitare la realizzazione di nuove ricerche da parte degli studiosi del settore. Ne è dimostrazione il catalogo della mostra “Bronzo e Oro. Roma, Papa Innocenzo III: racconto di un capolavoro”, a cura di Alessandro Tomei e pubblicato da Skira, che ha offerto una importante occasione per tornare a discutere di importanti punti riguardanti il periodo del pontificato di Innocenzo III.
Ed è senz’altro auspicabile che iniziative culturali che abbiano come oggetto d’interesse proprio la produzione artistica medievale a Roma possano avere sempre più spazio per rendere nota la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico, spesso perduto, talvolta conservato in stato frammentario, o, in qualche altra circostanza, testimoniato attraverso fonti grafiche e documentarie, di quel periodo storico dell’Urbe.
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