Vietato giocare a chi? A prescindere dall’età dei praticanti, dal luogo e dall’occasione, dal quando, dal come e dal perché, il gioco è un’attività fondamentale per gli esseri umani e, in generale, per tutti gli esseri animati: ci si rapporta allo spazio e al tempo in modo creativo ma anche a se stessi e agli altri, seguendo delle regole condivise e, in ogni caso, adattabili, modulabili. In fondo, basta poco, alcuni elementi di base, qualche linea su un campo, magari un pallone, per far iniziare tutto. E, soprattutto, lo si fa divertendosi, con leggerezza ma anche con applicazione. A questa dimensione da riscoprire ogni giorno è dedicata la mostra Vietato Giocare di Aldo Dolcetti, visitabile dall’1 al 20 giugno presso gli spazi di Solo Creative Room, a Pietrasanta, provincia di Lucca.
«L’attitudine al gioco è presente nella vita umana da sempre precedendo la cultura. Infatti, gli animali e i bambini giocano istintivamente e possiamo così sostenere che l’attività ludica sia nel nostro DNA», scrive Gianni Chiaro, nel testo che accompagna la mostra, mettendo in evidenza una questione critica: «Sottovalutiamo l’importanza dell’attività ricreativa al punto di vietarla?». L’invito di Dolcetti dunque, è ad andare oltre il divieto, per giocare il più possibile, citando George Bernard Shaw: «L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare».
«Sopravvive inoltre in alcuni di noi – i più innocenti o sensibili – la fascinazione per la continuità fra gli eterni pomeriggi d’estate trascorsi a calciare un Supertele o un Tango fra amici in età da elementari e i batticuori della Serie A o dei Mondiali in età adulta», scrive Enrico Brizzi, a proposito della ricerca artistica di Dolcetti, che è stato anche un apprezzato calciatore di Serie A, oltre che allenatore e collaboratore tecnico di squadre come Juventus e Milan. «Fra queste anime pure c’è quella di Aldo Dolcetti, una carriera di alto livello come calciatore e poi allenatore, ma con questa sua attitudine alla creatività artistica. Conoscerlo e diventarne amico, per me, ha significato trovare qualcuno con cui parlare al tavolino di un bar torinese o passeggiando di notte per piazza San Carlo dello stile di gioco di una certa squadra e di quell’approccio mentale che accomuna, nel segno della concentrazione e dell’astrazione dal mondo, la pratica di tutte le forme artistiche; di metodologie di allenamento e di gestione delle risorse umane; di qualità tecnica e della inevitabile pressione pubblica; di schemi tattici e di grafica; di Cristiano Ronaldo e di Fortunato Depero».
Così, la galleria si trasforma in un campo di gioco, utilizzando erba verde artificiale su cui Dolcetti ha disegnato linee, curve, dischetti per creare uno spazio laboratorio coinvolgente. Tra scultura e pittura, pur mantenendo la possibilità di oggetti essenziali al gioco, sono i palloni le opere principali in mostra. Sono ricoperti di vegetazione e tra le foglie sbucano uno o più occhi, con zigomi e sopracciglia.
Anche le due opere appese, probabilmente autobiografiche, dialogano con il set. Impronta Tacchetti è un acrilico su carta con vista dall’alto di un terreno erboso “segnato” dalle scarpe da gioco. Nella tela di grandi dimensioni Valsport, un vecchio e impattante pallone, esagoni bianchi e pentagoni neri, poggia invece su un terreno anni ’80 con poca erba.
«L’installazione principale è semplice, simbolica e un po’ inquietante: una doppia forca. Si tratta di una struttura a T con due palloni che scendono appesi alla corda», continua Chiaro. «Serviva a migliorare la tecnica calcistica attraverso la ripetizione del gesto ma è stata praticamente abbandonata. Cosa ci vuole dire Dolcetti? Forse segnalare la poca importanza che diamo alla tecnica non solo nel calcio ma in tante altre attività umane?».
In alcune delle opere di Dolcetti presenti in mostra, l’essere umano è completamente o parzialmente coperto dalla natura. Si scorge un viso come se la persona fosse nell’atto di nascondersi o come se venisse progressivamente cancellata da un’entità superiore. In alcuni casi la persona si vede ma è fusa con l’ambiente, ad esempio in Pratonella Pogba dove il ritratto è miscelato tra le foglie, i rami e le spine dei rovi che vincono sempre sulla nostra giovane e piccola presenza sul pianeta terra.
Aldo Dolcetti, classe 1966, lavora e vive a Torino.Da sempre è attratto da tutte le espressioni artistiche: Pittura, Scrittura, Musica, Letteratura e Cinema. La sua attenzione maggiore è rivolta alle persone, le loro solitudini, i desideri, le relazioni, gli stati d’animo. Tutte uguali e tutte diverse. Usa colori ad olio, pastelli, penne e acquarello per entrare in modo espressivo dentro alle persone ritratte.
Prosegue la sua vita in altro ambito professionale, ma sempre dedicando un forte interesse per ricerche artistiche su identità e memoria. Negli ultimi anni si propone in modo più̀ continuo come artista outsider, a partire dal 2019, quando a Torino espone RESOCONTO a cura di Luca Beatrice, una personale per mostrare “non pochi anni di lavoro nel segno del disegno” con un diario di schizzi su carta e un progetto sulle camere d’hotel che diventano mondi personali temporanei.
Nel 2020 inizia anche una sperimentazione artistica con una serie di performance ad invito limitato, tra le quali da segnalare ESSELUNGA e ELEMENTI NATURALI. Indaga sempre l’animo umano a contatto con le proprie illusioni e delusioni, ma ci aggiunge l’osservazione disincantata della natura realizzando la serie delle “pratonelle”, mattonelle di prato. Nell’estate del 2021 realizza insieme a Matteo Graniti il format INVASIONE DI CAMPO, incontri che mettono in contatto protagonisti del mondo del calcio e dell’arte.
Nel 2022, a Trino Vercellese, realizza ANDATA E RITORNO a cura di Matteo Graniti, una personale con i lavori giovanili accanto alle ultime produzioni, lavori sulla memoria adolescenziale con vecchie fotografie stampate su tela e rielaborate con l’acrilico. Dal 2023 inizia e consolida il progetto attuale che mette in relazione la presenza umana dentro e dietro la natura con la collettiva ST(ART) al Mumu di Pisa e soprattutto con SENZA TITOLO a Torino dove compaiono per la prima volta gli acrilici su carta con la natura sempre vincente sull’uomo che cerca di emergere con le sue impronte o i suoi sguardi.
L’ultima esposizione di Dolcetti sempre a Torino nel 2024, TRASFIGURAZIONI UMANE a cura di Valeria Ceregini, è una doppia personale dove fortifica l’indagine sul rapporto uomo-natura ed inizia ad utilizzare anche elementi del mondo calcistico come spunto concettuale per produrre arte contemporanea.
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…
Si intitola “Lee and LEE” e avrà luogo a gennaio in New Bond Street, negli spazi londinesi della casa d’aste.…
Un'artista tanto delicata nei modi, quanto sicura del proprio modo d'intendere la pittura. Floss arriva a Genova in tutte le…