È il 2022 quando la Galleria Milano chiude il proprio spazio commerciale. Una storia centenaria durante la quale la galleria si afferma tra le maggiori realtà del mercato milanese e nazionale. Aperta nel 1928 da Enrico Somarè, editore e critico d’arte, ha avuto una storia travagliata ma gloriosa, tanto da divenire un punto di riferimento per numerosi artisti e critici d’arte contemporanea. Questo avviene soprattutto quando negli anni ’60 i figli di Somarè riaprono la galleria precedentemente chiusa a seguito dello scoppio della guerra.
Il 18 marzo 2024 è invece il giorno in cui nasce la Fondazione Galleria Milano, con lo scopo di promuovere e conservare la storia della galleria e continuare a fare ricerca attraverso l’attivazione di una serie di progetti sul territorio. Una fondazione con un doppio progetto e il tentativo di coniugare la ricerca artistica attraverso le mostre e la preservazione di una storia fatta di curatori, artisti e critici che hanno contribuito a rendere celebre la Galleria Milano dal 1928 ad oggi.
Sasha Brodsky, classe 1995, è un artista visivo nonché musicista sperimentale e vive a New York. Il padre è invece rimasto a Mosca, dove si è affermato tra i maggiori architetti contemporanei. La mostra della Fondazione Galleria Milano si propone come un incontro tra padre e figlio e tra due linguaggi artistici differenti. Si tratta inoltre della sintesi di due culture differenti, quella americana di uno statunitense acquisito qual è il figlio Sasha e quella pura russa del padre Alexander. La mostra milanese è stata concepita specificatamente per lo spazio della Fondazione, situato a sud della città all’interno di un tipico condominio milanese. Al centro della stanza è stata posta una scultura site-specific realizzata in terra cruda, in modo che continui ad asciugarsi nei giorni di apertura al pubblico.
Piazza Senza Nome è una piazza universale. Una piazza di tutti e di nessuno, un luogo aperto che potrebbe essere ubicato in qualsiasi posto del mondo. L’opera si presenta come una grossa costruzione solida senza aperture, fatta eccezione per pochi sporadici fori aperti dai due artisti sui lati di questo grosso parallelepipedo che poggia su una struttura in ferro. La magia avviene quando ci si avvicina proprio a quei piccoli buchi, studiati minuziosamente per dare una serie di visuali diverse sullo spettacolo che si palesa all’interno della struttura. Una piazza che accoglie una folla di individui senza identità. Un gruppo di figure – realizzate in terra cruda o con semplici viti da lavoro – che non diventa mai collettività, in uno scenario che ricorda una città medievale con tanto di fontane, monumenti e obelischi che si ergono alti verso un cielo oscuro.
I personaggi che compongono questa piazza sono inseriti in un contesto a tratti assimilabile a una tranquilla città medievale, talvolta riconducibile invece ad uno scenario più tetro, quasi si avvertisse la sensazione che qualche forza più grande incomba sulla massa di gente.
Ai lati dell’installazione sono state apposte delle acquetinte realizzate da Sasha Brodksy, con una tecnica imparata nel corso di un workshop di un artigiano specializzato in tecniche incisorie a Firenze. Le stampe sono disposte lungo le pareti della Fondazione e sono in dialogo con l’interno dell’installazione (anch’essa, come le stampe, concepita e creata nelle due settimane precedenti all’apertura della mostra). Incisioni su carta che raffigurano quei monumenti, quelle piazze e quegli obelischi che danno forma al panorama interno alla massa in terra cruda che protegge (o imprigiona?) gli abitanti della città immaginaria dalla realtà esterna. Una di esse è invece realizzata su tela e offre una prospettiva ravvicinata su quello che potenzialmente sta accadendo all’interno della struttura. Un dettaglio, uno scorcio di una città racchiusa tra quattro mura che in qualche modo spersonalizza quelle vite rinchiuse. Una grande piazza anonima in cui manca l’aria, un po’ come nelle grandi città contemporanee: vive, dinamiche, eppure asfissianti per una collettività di individui sempre più soli.
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