Non a caso, l’intera installazione di Wael Shawky, sviluppata su tutti e tre i piani della galleria, si presenta proprio nelle forme di un’esposizione archeologica “museale” dell’antica città , di cui l’artista sembra averne riportato alla luce i frammenti e le simbologie di un immaginario storico e culturale che da sempre caratterizzano Pompei di una mitologia seducente e misteriosa.
La mostra I Am Hymns of the New Temples ruota intorno all’omonimo film che, presentato lo scorso maggio al Teatro Piccolo “Odeion” del Parco Archeologico di Pompei, apre le porte all’esposizione proiettato in dimensioni monumentali nella prima sala. Il film ci presenta e ci fa vivere le rovine di Pompei come un teatro della memoria a cielo aperto della città dove, attraverso atti di creazione e distruzione continua, si ripercorre la narrazione mitologica sull’origine dell’universo, del pianeta Terra e delle sue divinità . Una narrazione che oscilla tra reale e finzione, dalle connotazioni ludiche e fiabesche, ipnotiche per lo spettatore: numerosi performer dalle grandi e vivaci maschere in ceramica e cartapesta, ispirate a quelle delle commedie greche e a quelle popolari delle fabulae atellanae, mettono in scena i volti di queste mitologie e divinità giocando sulle dimensioni della danza e del ritmo. Questo teatro della memoria, che per Wael Shawky è il simbolo di una morte e di una rinascita di mitologie e ritualità primordiali, conserva differenti visioni della stessa storia, concepite e registrate nel corso del tempo nelle diverse sponde che si affacciano sulla culla del Mediterraneo.
Dalla proiezione monumentale di I Am Hymns of the New Temples, avviene come la fuoriuscita di tutti gli altri elementi che compongono l’omonima mostra e che ne rappresentano la scenografia: si riportano le maschere, le oggettistiche, le forme e i colori che compongono l’immaginario narrativo del film. Weal Shawky, da questo viaggio nella memoria e nella storia dell’uomo ripercorsa tra le rovine di Pompei, estrae elementi e simbologie rielaborandoli attraverso differenti media e tecniche di formalizzazione: dalla performance al film, dal disegno alla scultura. Tutti medium che, messi in dialogo tra loro, compongono un allestimento simiche a quello archeologico, dove teche museali contengono le forme rinvenute e riscoperte di un passato mitologico. Attraversando i piani bidimensionali della proiezione del cinema, della pittura e del disegno, insieme a quelli tridimensionali della scultura. Weal Shawky fa dello spazio espositivo un grande teatro dove, avvolto da calde pareti color magenta, dare corpo e vita a un dinamico immaginario fiabesco dalle forme vivaci e colorate, armoniosamente intrecciate tra loro, che ricompongono le strutture di un passato storico mitologico e seducente.
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