Dottori, Saltatore con l'asta
Visitata da circa 120mila persone, con il sold-out del catalogo alla prima ristampa, e prorogata fino al 27 aprile 2025, mentre si ipotizzano spin-off in giro per l’Italia e forse anche all’estero (con all’orizzonte la Cina), la mostra Il Tempo del Futurismo si rinnova alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma: al recente arrivo di tre capolavori come lo studio de La città che sale (1910) di Umberto Boccioni, Ritmi di oggetti (1911) di Carlo Carrà e Profumo (1910) di Luigi Russolo, si aggiungono dal 25 marzo altre due opere significative, provenienti da due collezioni private romane: Danseuse (Ballerina in blue) del 1913 di Gino Severini, e Saltatore con l’asta del 1934 di Gerardo Dottori.
Come spiegato da Gabriele Simongini, curatore della mostra, la prima opera, in cui è evidente il rapporto con il cubismo, affronta uno dei temi centrali della ricerca di Severini: il movimento drammatico e dinamico della figura danzante. Durante la sua giovinezza trascorsa a Parigi, l’artista aveva sperimentato in prima persona l’atmosfera elettrizzante dei caffè, delle sale da ballo e dei cabaret, luoghi in cui il dinamismo e l’energia della modernità si manifestavano non solo nelle innovazioni tecnologiche, ma anche nelle evoluzioni frenetiche del corpo umano.
La seconda, già esposta in diverse mostre storiche, tra cui quella delle Olimpiadi di Berlino del 1936, celebra la potenza elastica di un atleta in azione, che sembra idealmente competere con il volo degli aerei e la velocità delle automobili sullo sfondo di uno stadio. L’opera rientra tra le più suggestive dedicate da Dottori allo sport, incarnando l’ideale espresso dal poeta Raniero Nicolai, che in quegli anni esaltava lo slancio dell’uomo nel superare i limiti imposti dalla gravità e dal tempo.
Inoltre, la mostra si arricchisce con un’opera proveniente dai depositi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea: Dinamica dell’azione (Miti dell’azione. Mussolini a cavallo), realizzata da Enrico Prampolini nel 1939 ed esposta per la prima volta alla Quadriennale dello stesso anno, nella sala futurista curata da Marinetti. Acquistata all’epoca da Mussolini e donata alla GNAM, l’opera esemplifica la posizione di Prampolini nei confronti dell’aeropittura. Come ha osservato Mariastella Margozzi, citata da Simongini, essa si rifà ai principi del futurismo, dal dinamismo plastico di Boccioni all’estetica della macchina, ma incorpora anche un elemento di trascendentalismo dalle suggestioni surrealiste.
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