Senza titolo, tecnica mista su carta e tela, legno, ferro, vetro, poi una foglia d’oro. Figlio acquisito della valle Caudina – dal 2011 ha disposto il suo studio a Rotondi, in via Varco, insieme ad altri artisti come Eugenio Giliberti e Lucio e Peppe Perone – è dagli anni Ottanta che Umberto Manzo utilizza materiali comuni per trasformarli nelle sue opere stratificate, donate di un corpo e di memoria.
Per la personale alla sede di via riviera di Chiaia della Galleria napoletana Studio Trisorio, sodalizio sigillato nel 1987, realizza una grande installazione, libera, che ripercorre la sua poetica. 15 blocchi orizzontali si sovrascrivono, si replicano, si affiancano in maniera ordinata come un effetto go down a cascata che non si arresta. La sensazione è di una composizione serrata, compatta, che simula una palette di colori asimmetrica, a metà strada tra un divisionismo cartaceo e una glitch art analogica.
A dialogare con la grande installazione due silhouette, altro elemento costitutivo della ricerca di Manzo, che nella loro bivisione scultorea aperta, tridimensionale, intersecata, accolgono un’esplosione di colori cerebrali che fa tornare in mente il finale di Zabriskie Point. Il ritaglio come frammento, parte di un archivio immenso come quello mentale, che mostra solo una parte di sé, ma che trae vigore anche da quella nascosta, ha nella ricerca di Manzo il potere di moltiplicarsi, di rigenerarsi senza perdere la patina del tempo, un plusvalore che lo riscatta, mostrando la sua complessità dimensionale e atemporale.
Lo stesso elemento divisorio delle grandi cornici e teche di ferro, unisce, ma mantiene in vita il carattere serrato delle composizioni, fragili nelle loro proprietà materiche, ma fortemente simboliche nella loro identità personale.
L’umano, nel corpo come nella memoria, attraversa queste stratificazioni cartacee lasciando parti di sé riaffiorare di volta in volta. È la sublimazione dell’antico, racchiuso in icone di matrice classica, che riemerge attraverso le pieghe, le forme, i tagli, in certe sfumature come una riscrittura visiva in caduta libera. Manzo traccia le linee di un percorso che vive sospeso tra i bordi.
Nella sede/vetrina di via Poerio invece sono esposte due tele militari, come si può notare dal timbro impresso sopra, di grandi dimensioni che presentano un’anima di ferro, sottile, che di contrasto alla propria natura rigida, assume diverse forme, quasi a risultare dei bersagli nel mirino. Sulla parete di fondo, visibili anche dall’esterno strada, una specie di wunderkammer di disegni preparatori, realizzati tra il 2009 e il 2021, che sfilano, mutando le loro forme nel tempo come un unico piano sequenza.
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