Venuto in visita a Firenze nel 1885, Alphonse Mucha rimase così colpito dalla Cupola del Brunelleschi, al punto da scriverne al proprio mecenate dicendo che non l’avrebbe mai più dimenticata. Oggi l’artista ceco torna idealmente a Firenze con una mostra celebrativa della sua grandezza che offre anche interessanti spunti di riflessione sulla grafica e la cartellonistica e sul ruolo della donna nella società di fine Ottocento e inizio Novecento. Peraltro, l’arte rinascimentale non dovette essere indifferente a Mucha, nelle opere del quale non è difficile scorgere rimandi alle donne dipinte dal Botticelli, ovviamente con una rielaborazione senza precedenti che emoziona per originalità, eleganza, riconoscibilità.
Non a caso, Sara Bernhardt, grande attrice teatrale e musa di Mucha, scrisse all’artista:«Mio caro Mucha, mi chiedete di presentarvi al pubblico parigino. Bene, caro amico, seguite il mio consiglio: esponete le vostre opere ed esse parleranno per voi, io conosco il mio caro pubblico francese. La delicatezza del vostro disegno, l’originalità delle vostre composizioni, i bei colori dei vostri quadri e manifesti – tutto questo li sedurrà, e dopo la vostra esposizione predico la vostra fama. […]». Questa lettera, riportata su uno dei pannelli della mostra, fu indubbiamente profetica e l’allestimento espositivo ripercorre le tappe dei successi di Mucha a Parigi, delle sue opere sia come cartellonista teatrale, sia come grafico pubblicitario per lo Champagne Moët & Chandon, per la Nestlè o per marchi di sigarette, biscotti e profumi, tutti accomunati (in etichette, scatole e poster) dal suo inconfondibile stile.
E ancora, di sala in sala, si prosegue osservando gli studi per il capolavoro dell’Epopea slava, realizzato lungo quasi venti anni, dopo il suo ritorno a Praga nel 1910; poi le sculture e alcune delle illustrazioni per Le Pater, il libro a tema religioso, uscito a Parigi il 20 dicembre 1899, anch’esso esposto insieme ai disegni preparatori e a molte delle opere di Mucha durante l’Esposizione Internazionale di Parigi del 1900 che divenne ulteriore occasione di celebrazione del suo genio. Particolare curioso è il fatto che all’Exposition Universelle d’inizio Novecento partecipò anche l’Istituto degli Innocenti, sede attuale della mostra, grazie a una campagna fotografica affidata allo studio Brogi che valse all’istituzione fiorentina il Gran Prix della giuria e la medaglia d’ordo come miglior brefotrofio d’Europa.
Nel percorso espositivo, risulta indubbiamente affascinante il raffronto tra le fotografie realizzate dall’artista e le opere ad esse collegate: è possibile cogliere sia la rielaborazione di paesaggi marini, sia il modo in cui, partendo dalla posa della modella, l’immagine veniva riletta e modificata per poi diventare una delle indimenticabili figure femminili di Alphonse Mucha. Ancora: all’interno della mostra, una sezione è dedicata al raffronto tra i lavori dell’artista ceco e quelli di Galileo Chini, artista toscano e protagonista dell’Art Nouveau in Italia, di cui è possibile ammirare disegni, ceramiche e dipinti.
In esposizione sono presenti centosettanta opere tra manifesti, libri, disegni, dipinti, fotografie, decorazioni tra cui si trovano anche autentiche perle come i due ventagli disegnati da Mucha o le foto d’epoca e i disegni preparatori della boutique Fouquet a Parigi.
La mostra è realizzata con il patrocinio del Comune di Firenze e dell’Ambasciata della Repubblica Ceca e organizzata in collaborazione con Mucha Foundation e In Your Event by Cristoforo ed è curata da Tomoko Sato con la collaborazione di Francesca Villanti.
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