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‘Altana’: Stefano Arienti alla galleria di Claudio Poleschi e in altri tre luoghi di San Marino
Mostre
di Silvia Conta
A San Marino la personale di Stefano Arienti (1961, Asola, Mantova) “Altana”, a cura di Fabio Cavallucci e fortemente voluta da Claudio Poleschi – alla cui memoria è dedicata -, è realizzata in collaborazione della Segreteria di Stato per l’Istruzione e la Cultura, degli Istituti Culturali – Musei di Stato – Galleria Nazionale di San Marino.
«Arienti è già parte del percorso e della storia artistica di San Marino nella cui Galleria Nazionale, nel 1995, ha esposto nella mostra Le Mille e una Volta curata da Giacinto Di Pietrantonio e Laura Cherubini» e ora intesse un dialogo attraverso «tre distinti interventi site specific sulle pendici del Titano, realizzati in importanti sedi pubbliche museali istituzionali per l’arte contemporanea – la Galleria Nazionale, le Cisterne di Palazzo Pubblico e la Ex Galleria Ferroviaria Il Montale –, sono la sostanziale premessa dell’esposizione presso la Claudio Poleschi Arte Contemporanea situata sul confine del piccolo Stato», hanno spiegato gli organizzatori.
Il percorso espositivo
«Alla Galleria Nazionale, che nelle sue sale presenta opere della collezione permanente – da Vedova, Cagli, Birolli e Guttuso a Enzo Mari e Luigi Ontani – Stefano Arienti interviene sulle grandi finestre con una serie di disegni disposti come tende, visibili in controluce. Intitolati Viste, sono vedute di paesaggi osservati dal Titano.
Nelle antiche Cisterne del Palazzo Pubblico, che fino agli anni Sessanta hanno rappresentato la principale fonte di approvvigionamento d’acqua della Repubblica e che da poco hanno ospitato School of waters – Young Artists Biennial MEDITERRANEA19, Arienti gioca sugli effetti di luccicanza del vetro costruendo una sagoma d’Europa attraverso l’accostamento di contenitori di forme e riflessi diversi. Gocce, vista dall’alto, baluginante nell’oscurità degli antri sotterranei, nel cuore profondo del piccolo stato, sembra suggerire l’anelito di tante diverse individualità che aspirano a riconoscersi come un’unica comunità.
Arienti interviene, inoltre, nell‘Ex Galleria Ferroviaria Il Montale, celebre per avere ospitato, durante la Seconda guerra mondiale, migliaia di rifugiati del comprensorio per salvarsi dai bombardamenti sotto l’ombrello di neutralità del Governo del Titano. Nel primo tunnel che venne riaperto per ospitare una delle prime manifestazioni dedicate all’arte pubblica site specific nel 1991 – Provoc’Arte a cura di Roberto Daolio – Arienti erige Castello, una struttura di pietre e libri, resi coesi da miele e strutto. Nel cuore della terra, in un anfratto da cui si apre un corridoio che consente uno sguardo verso l’esterno, sul paesaggio, la struttura è una sorta di omaggio a Joseph Beuys e raccoglie gli elementi fondamentali di cui il mondo è costituito: il pensiero e la materia, la res cogitans e la res extensa, quasi a rappresentare la base, il cuore pulsante dell’esistenza», hanno ricordato gli organizzatori.
«Infine, alla Claudio Poleschi Arte Contemporanea – hanno proseguito – Arienti espone esempi di gran parte del suo percorso artistico. Diverse sono le tipologie di lavori, dai più recenti, come le immagini stampate su microciniglia o i paesaggi riprodotti su carta poi stropicciata per conferirle una materica tridimensionalità, dalle immagini perforate e mostrate solo dal retro a quelle, di invenzione recentissima, con coaguli di gocce che filtrano vedute fotografiche, fino ai più vecchi, come gli storici poster di celebri dipinti ritoccati con plastilina che sono diventati una sorta di cifra stilistica dell’artista. Arienti non limita la sua presenza nelle sale espositive, ma la espande negli uffici e nei magazzini, invadendo con i suoi lavori gli spazi dove continuano a essere collocate le opere della collezione della galleria, da Licini a Schnabel, da Uncini a Paladino, con le quali entra in dialogo».
«”Altana” di Stefano Arienti – ha aggiunto la galleria – non è un progetto isolato, ma il primo appuntamento di una serie di iniziative intitolata SM-Art. Sensibilità artistiche dagli anni Novanta, promosso dalla Claudio Poleschi Arte Contemporanea che nel corso del tempo punterà a esporre alcuni dei più significativi artisti di quella generazione e a farli dialogare con il territorio e le sue istituzioni. SM-Art. Sensibilità artistiche dagli anni Novanta si avvale di un comitato scientifico composto da Fabio Cavallucci, Giacinto Di Pietrantonio e Angela Vettese».
Ne abbiamo parlato con Fabio Cavallucci, curatore della mostra, e con l’artista.
Come è nato il progetto “Altana” e che visione ne aveva Claudio Poleschi?
«Come accade per quasi ogni progetto è nato da diverse sorgenti. Ricordo che eravano insieme, Claudio ed io, a vedere una mostra di Stefano Arienti alla Galleria Stein ancora nel 2019. Ricordo poi una sera a cena, in cui Claudio parlava della generazione degli anni Novanta e del fatto che sarebbe interessante fare una serie di mostre su di essa. A dire il vero mi ha raccontato Vittorio Corsini che era stato lui, quando si trovavano a cena, a inculcargli questa idea. Questo prima dell’era Covid. Poi, dopo un paio d’anni, sono tornato io a parlarne con Poleschi. Abbiamo coinvolto Giacinto Di Pietrantonio e Angela Vettese ed è nato SM-art. Sensibilità artistiche dagli anni Novanta, il progetto che dovrebbe vedere una serie di artisti di questa generazione di cui Arienti è l’apripista, così come apripista in qualche modo era stato di tutto il clima degli anni Novanta, avendo avviato ripreso una linea concettuale già a metà degli anni Ottanta. Ovviamente un passaggio importante è stata l’adesione delle istitutzioni della Repubblica di San Marino, la Galleria Nazionale e gli Istituti Culturali, senza le quali il progetto non sarebbe mai nato. “Altana” in sé, invece – ossia il progetto che raccoglie la serie di interventi che Arienti ha realizzato nelle sedi della Repubblica e la mostra presso la Galleria Poleschi – è tutta frutto dell’incontro dell’artista con San Marino, la sua storia e il suo paesaggio, l’essere allo stesso parte d’Europa, ma anche il potersi permettere uno sguardo, sia geograficamente che metaforicamente, distaccato, d’alto. Claudio Poleschi ha condiviso tutti i passaggi della creazione da parte dell’artista: le visite in loco, la nascita dei primi germogli dei progetti specifici, la scelta delle opere da esporre in galleria. E ancora pochi giorni prima di lasciarci, dal letto dell’ospedale, era totalmente immerso nelle fasi produttive».
Il percorso espositivo di Altana si articola in diversi luoghi di San Marino, come sono stati individuati questi luoghi?
«I luoghi sono stati scelti dall’artista nel corso di alcune visite, coadiuvato da Rita Canarezza, responsabile della Galleria Nazionale. Sono la Galleria Nazionale stessa, le Antiche Cisterne del Palazzo Pubblico, e la ex Galleria ferroviaria “Il Montale”, l’ultimo tratto della ferrovia che negli anni Trenta collegava Rimini alla vetta del Titano. In ciascuno di questi luoghi Arienti ha realizzato un lavoro site specific: per la Galleria Nazionale ha prodotto Viste, una serie di scorci di paesaggi visti dalll’alto, catturati con la propria camera, e tracciati con inchiostro metallico su teli antipolvere. Nelle antiche Cisterne ha realizzato Gocce, una silhouette dell’Europa fatta di centinaia di barattoli e bottiglie di vetro che nella penombra dello spazio sotterraneo luccicano come nelle immagini notturne della Terra ripresa dal satellite. Nella Galleria ferroviaria ha costruito Castello, un blocco di pietra e di libri, a cui ha aggiunto anche strutto e miele, come a riportare il senso della civiltà e della cultura umana nei tempi geologici, ricucendo il dissidio tra idea e concetto, tra res cogitans e res extensa. Tutti questi lavori solo collegati da un fil rouge, quello evocato dal titolo appunto: la vista dall’alto, lo sguardo in lontananza».
La selezione di opere in mostra, in particolare i lavori in galleria, ripercorrono la produzione artistica di Arienti fino a oggi. Quali sono gli aspetti in cui si registrano maggiori cambiamenti, se ci sono stati, e quali quelli di maggiore costanza nel suo percorso di ricerca?
«Arienti non è un artista avanguardista, nel senso che non punta a rinnovarsi sempre. Se si trattasse di letteratura, potremmo parlare più di “romanzo di prove” che di “romanzo di formazione”, nel senso che il protagoniosta – qui l’artista – non percorre una strada per rivelarsi al termine cambiato. Le sue serie artistiche sono appunto prove successive, direi tutte importanti, ciascuna tesa a risolvere il problema in modo particolare, ma in fondo tutte indirizzate fondamentalmente a un fine: trasformare le immagini esistenti. Tagliuzzare, forare, piegare, cancellare, copiare, scarabocchiare, sono in fondo le azioni comuni ricorrenti, simili a tante azioni quotidiane che tutti facciamo, azioni-gioco con cui l’artista si riappropria delle immagini che ci circondano, sia che siano prese dalla storia dell’arte, sia dalla cultura pop, sia che siano colte, come ormai succede sempre di più, da scatti prodotti da lui stesso. In questa continua trasformazione delle immagini sta la piccola-grande intuizione di Arienti: non possiamo non riconoscere che siamo circondati ormai da troppe immagini tanto che non serve crearne di nuove, ma allo stesso tempo non possiamo non volercene appropriare, a costo di distruggerle, come il bambino che spacca il giocattolo per conoscerlo, per capirne il meccanismo».
Una domanda all’artista: quali sono i Suoi progetti futuri?
«Dopo una stagione densissima di progetti espositivi, fra San Marino, Monopoli, Verona, Pisogne, Grassobbio, Cosenza e Pescara, non vedo l’ora di riposare. Per fortuna non ho progetti in corso a breve scadenza. Sono reduce da un doppio trasloco, di abitazione e studio, che a sessantun’anni un po’ mi pesa. Ma avrò finalmente una base operativa supplementare a Casalromano, in provincia di Mantova, a pochi chilometri da Asola, dove sono nato e vicino a Canneto sull’Oglio, da dove proviene la mia famiglia. È un ritorno alle origini che mi riavvicina al paesaggio dei fiumi della Pianura Padana, quello che amo di più».