Alcuni elementi sono disposti nello spazio, tra questi sono tese delle linee che precisano la profondità e descrivono la relazione tra le cose. Fin qui siamo di fronte a un enigma da risolvere ma che, impercettibilmente, allenta i nodi rivelando una struttura familiare e distinguibile. Più si osserva, ci si avvicina e si fanno i conti con la spazialità illusoria dell’opera, più questa somiglia un ingranaggio a dimensione ambientale, a metà tra una maquette del funzionamento dell’universo e un grande giocattolo. Talvolta, le due cose possono coincidere, se ammettiamo quanto possa essere ludica la scoperta scientifica. In A cosmos beneath the nail, mostra personale proposta a chiusura di anno dalla Galleria Tiziana Di Caro, a Napoli, visitabile fino al 15 gennaio 2024, Maxime Rossi (Parigi, 1980) non ci supporta con unità di misura e formule puntando, piuttosto, sulla sorpresa e la meraviglia quando, spente le luci, grossi bulloni e ingranaggi acquistano una luminescenza inattesa, legati gli uni agli altri da corde anch’esse luminose simile ai raggi infrarossi.
Come in altre sue opere, Rossi spezza il nesso logico tra oggetto e funzione, tra forme conosciute e il loro impiego, invitando lo spettatore a interrogarsi sugli usi più o meno plausibili, non necessariamente coerenti e razionali, e le molteplici possibilità che si aprono attraverso le figure, scelte dall’artista ripercorrendo a ritroso il processo che lo ha condotto a realizzare le sculture, partendo da matrici con le quali si producevano i macchinari di fabbrica. Dismessa la funzione, acquisita una nuova pelle – alluminio satinato in colori decisi, i colori primari ma anche rosa, viola, verde e nero – le inedite sculture si dispongono con le loro forme ambigue all’interno di un campo dinamico, affermando e al contempo forzando la conoscenza empirica del mondo che passa attraverso la comprensione delle forme.
Ancora l’inafferrabilità è protagonista delle tre serigrafie reattive ai raggi UV il cui soggetto è l’orchidea fantasma, una pianta che per sfuggire alla luce assume un comportamento metemorfico. Il fiore che in natura si manifesta raramente, diviene per Rossi l’elemento luminoso dell’opera quando è esposta alla frequenza delle sole luci nere.
Dal 2015, la Galleria di Tiziana di Caro promuove e rappresenta la ricerca dell’artista francese formatosi all’Ecole de baux-art di Lione e che ha all’attivo mostre personali Palais de Tokyo (2019 e 2012), al Musée d’art contemporaine de Rochechouart (2017) allo Stedelijk Museum voor Actuele Kunst di Gent (2009) e numerose collettive. Per questa quarta personale alla gallerie napoletana, propone un linguaggio apparentemente più concreto pur sostenendo una risoluta meditazione sulla dicotomia tra la realtà oggettuale e significato. Un metodo che caratterizza il suo lavoro e che, con altre forme, abbiamo ammirato anche nel suggestivo e poetico progetto Un ruscello di ombre presentato dalla galleria napoletana nel 2019.
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