Sara Basta, Compost (dettaglio), 2024, acrilico su stoffa, courtesy IUNO e l’artista
Da un’immaginaria corrispondenza con Virginia Woolf (Londra, 1882 – Rodmell, 1941), nasce Tesoro carissimo, la mostra di Sara Basta (Roma, 1979), che resterà aperta fino al 4 aprile 2025 presso gli spazi di Iuno, centro di ricerca sull’arte contemporanea a Roma. Lo scambio epistolare, ideato da Basta per elaborare la perdita di un’amicizia, si ispira alla corrispondenza realmente intrattenuta dalla scrittrice inglese con la poetessa, sua amica e amante, Vita Sackville-West (Sevenoaks, 1892 – Sissinghurst, 1962). Il titolo è preso dall’incipit di una lettera tra loro due.
Per Sara Basta, artista e fautrice di arteterapia, non è insolito partire dal suo vissuto e tradurlo in pratica artistica. In questa occasione, la personale indaga il tema dell’amicizia, partendo dalla parola scritta. Scrivere le permette di cambiare prospettiva, di rivolgersi ad altri per comprendere meglio se stessa e metabolizzare l’allontanamento avvenuto tra lei e un’amica con cui condivideva un profondo legame. L’aspetto domestico della tematica ben si sposa con lo spazio che la ospita, un appartamento svuotato dei tanti elementi che normalmente siamo abituati a trovare al suo interno, ma ancora carico di quella connotazione privata e famigliare che gli è connaturale.
La noce, il budino, il limone, sono tutti elementi che appaiono nei carteggi immaginati dall’artista e ricorrono come simboli durante la mostra, generando una sorta d’iconografia della relazione, che ritroviamo sia nelle opere pittoriche sia sul grande tavolo in marmo posto al centro della sala principale (in origine, il soggiorno). Sopra di esso, troviamo alcuni brani delle lettere ideate dall’artista, così come di quelle tra Virginia Woolf e Vita Sackville-West, oltre a fotografie d’archivio e piccoli dipinti, pietre e tessuti ricamati, conchiglie, libri e oggetti vari che compongono, anche per mezzo di altre vite, la biografia di un’amicizia.
Intorno, appesi alle pareti, vediamo grandi dipinti realizzati su scampoli e tovaglie, dove ritornano le icone di questa relazione ormai conclusa, che si ripetono come a comporre un alfabeto della perdita, in un tentativo di razionalizzazione della stessa. Tra le opere esposte, le due facenti parte della serie Raccogliere l’acqua (2023) sono leggermente antecedenti al progetto ma gli sono tematicamente complementari, poiché riflettono su un’idea di cura che è insita in tutto il lavoro dell’artista. Sia la mano, sia la ciotola contengono al loro interno, raccolgono, per l’appunto, svolgendo un’azione di custodia e di cura, che è propria delle relazioni di amicizia, in particolar modo se guardiamo alla dimensione più femminile.
E sono proprio le donne della sua vita che Sara Basta ha scelto di interpellare per l’installazione audio esposta, realizzata in collaborazione con Mariana Ferratto (Roma, 1979): un susseguirsi di registrazioni vocali di amiche, artiste, curatrici e donne a loro care, che rispondono alle domande sull’amicizia che pongono loro. Il risultato è una riflessione corale molto commovente, fatta di testimonianze delicate e profonde al contempo, sulle modalità, i motivi, gli enigmi e le possibilità che l’amicizia ci offre.
«Può essere l’amicizia politica? Quando si perde un’amica? Cosa non capisci dell’amicizia? Un’amica può annoiare?», queste alcune delle domande poste dalle artiste. Ad accompagnare questa registrazione ciclica, viene proiettato un video delle mani di Sara Basta e di Mariana Ferratto mentre intrecciano un grosso filo rosso, che si fa metafora della costituzione di un legame, per cui sono necessari tempo, cura e impegno reciproco.
A perfetta conclusione di un cerchio, il percorso espositivo si chiude (o si apre?) con un’opera che riassume molti dei temi che si sviluppano nella mostra. Darsi tempo (2024) è un invito ricamato su un tessuto dalla fantasia colorata e rigogliosa, molto delicata all’apparenza, ma che racchiude un’attenzione fondamentale della costruzione di rapporti amicali (e non).
Iuno è uno spazio indipendente, fondato nel 2021 dalle curatrici Ilaria Gianni e Cecilia Canziani, come luogo di ricerca artistica multisfaccettata. I progetti che si intrecciano in questa visione non sono solamente espositivi, ma danno spazio a workshop artistici e attività laboratoriali, oltre a programmi di residenze e di commissioni d’artista. Insomma, un vero microcosmo, dai confini elastici e mutevoli, dove le influenze sono molteplici e sinergiche, e permettono di restare sempre in movimento.
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